editoriale di luglio agosto

A dispetto delle qualità di ciascuno, gran parte del nostro destino di persone dipende da dove e quando siamo nati: nell’emisfero cosí detto occidentale, italiani che si confrontano nel tempo con assetti politici, economici e culturali storicamente e geograficamente determinati.
In quanto gruppo pensante e agente, per scelta, secondo una coscienza responsabile, ci riferiamo e ci riconosciamo in una tradizione cristiana per la quale alcuni di noi partecipano a una chiesa universale. Il fatto implica scelte e connotazioni critiche e relative espressioni, culturali ed esistenziali, auspicabilmente libere e autonome. Ben sappiamo quante volte abbiamo attraversato situazioni analoghe a quelle della storia precedente, nelle quali dover soffrire una nostra schiavitú d’Egitto e averne invocato la liberazione. Grazie a tentativi, in alternanza di tempi e di riti, come momenti di rinascita e riscatto, personali e collettivi, laici o religiosi. Ricordiamo la liberazione dalle due guerre e dal nazifascismo; la dura vittoriosa resistenza, poi stravolta e tradita per le imposizioni della società dei consumi; l’aspirazione sorgente dal Vaticano secondo, con l’alternativa non clericale alla politica, seguita dal miraggio del liberismo berlusconiano, realizzato come corsa all’arricchimento individuale e conseguente dissoluzione del welfare nel dilagare del privilegio privatizzato, fino all’attuale papato, criticatissimo, impegnato nel recupero della semplice povertà del Vangelo.
Identificabili come i Galli, per la rivista genovese da quasi un secolo pubblicata, facciamo i conti con l’età e con il bisogno di ricambio generazionale, di mentalità e di energie, speculative e inventive, prima che produttive. Tra il futuro per alcuni aspetti attraente, ma preoccupante per gli eventi internazionali, e il passato, corroborante, ma pesante e d’impaccio insieme, ci interroghiamo e misuriamo per un bilancio di necessità provvisorio.
Le domande, che ci hanno inquietato e animato nel secolo scorso, si ripropongono sulla soglia del presente incerto, ma decisivo: vorremmo che continuassero a stimolare e a orientare il nostro pensiero e l’azione che riconosciamo indebolita. Senza rimpianti, avendo sempre cercato con tenacia e pazienza fra le idee, gli indirizzi e le imprese e decidendo autonomi, rispettosi, senza cercare consensi. Un cambio di passo non significherebbe né rinuncia né rassegnazione con rispetto e riconoscenza per i nostri lettori ridotti negli anni (ma in carestia, ogni chicco nel granaio è prezioso) che, accogliendoci e criticandoci in amicizia, hanno mostrato comprensione e apprezzamento.
Viviamo quindi un sogno con speranze di nuove memorie, un patto-ponte fra presente e passato, un’utopia forse, ma di rigenerazione performativa. Piacerebbe mantenere e intensificare il rapporto fra scritture sacre e letteratura, sempre produttivo di nuovi sensi e interprete di un sapere riunificato in scienza e natura. Prima di fermarsi, la staffetta, tanto lunga e tortuosa fra gli avi e gli eredi, fino a quando riuscirà a durare, germogliando da un seme di speranza e giovinezza nuove?

i Galli