Rileggendo l’Orlando Furioso

di Pietro Sarzana

 

Cinquecento anni fa, il 22 aprile 1516, in un’oscura officina tipografica ferrarese, con una tiratura di un migliaio di esemplari usciva la prima edizione dell’Orlando Furioso: il successo immediato convinse Ariosto a una parziale riscrittura che portò alla seconda edizione del 1521, e poi a un rifacimento molto piú radicale, che sfociò nell’edizione definitiva del 1532. Il passaggio dalla prima alla terza stampa implicò ovviamente grandissimi mutamenti di progetto sul piano letterario, linguistico e ideologico, in considerazione anche dei forti e veloci cambiamenti che segnarono la letteratura e la storia in quel pur breve lasso di tempo, durante il quale si determinò un nuovo ordine mondiale, si trasformarono generi e forme, e sulla scorta della proposta di Pietro Bembo esposta nelle sue Prose della volgar lingua (1525) si affermò il toscano letterario come nuova lingua nazionale. Ariosto seppe tener conto di tutto questo e s’adeguò ai rapidissimi mutamenti che si svolgevano sotto i suoi occhi, adattando via via il poema ai nuovi valori e stili di vita; anche se, come sottolinea Segre, si può essere d’accordo sulla bellezza di molte aggiunte del 1532, sulla perfezione dei ritocchi di stile e di struttura; ma nel primo Furioso c’è una libertà, una gioia di esprimersi, una felicità che il totale impegno formale forse sacrificò in parte.

Il bosco, uno spazio interiore

Ma lasciando da parte ogni intento comparatistico, addentriamoci nel libro e osserviamo lo scenario che fa da sfondo alle intricate vicende che vi sono narrate: immaginate un bosco, un immenso bosco che copre tutta l’Europa (come realmente era qualche secolo fa) e in questo bosco immaginate dame e cavalieri, paladini e servi, cristiani e mori, uomini e cavalli che si incontrano, si scontrano, si battono, s’inseguono, si perdono e si trovano, si cercano e si sfuggono, si conoscono o s’illudono di conoscersi. Questo è anzitutto l’Orlando furioso: un poema vasto quanto un bosco medievale, ricco di alberi, cespugli, fiori, animali di ogni genere; un bosco come ne esistevano allora, cosí smisurato che veramente sarebbe stato possibile attraversare l’Europa senza scendere dagli alberi, come (in un certo senso) fa Cosimo Piovasco di Rondò, il Barone rampante di Italo Calvino…

 

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Una ricerca lunga tutta la vita
  • Ci siamo tutti
  • Sogni, speranze, paure
  • Mai piú la «machina infernal»