Due domande…

... SULLE FORME E SUI FONDAMENTI DELLA FEDE 
con alcune note complementari

 

di Jean-Pierre Jossua
Traduzione dal francese per Il gallo di Oreste Aime rivista dall’autore.

 

prima

 

Vorrei provare a rendere chiaro, scrivendo, un pensiero che non so ancora se è giusto. In Francia le credenze religiose dei cattolici si dispongono su uno spettro molto ampio, e oggi sembrano possibili quasi tutte le posizioni. Io mi colloco nella zona che definirei rischiarata. Tuttavia, per rendere possibile una comparazione, devo evocare innanzitutto l’atteggiamento degli agnostici che attestano una «vita spirituale» (nel pensiero, nell’arte, nell’etica, nel riconoscimento dell’altro, ecc.) e persino un’esperienza di infinito nella finitudine o di eternità nell’istante. Essa può essere associata a una certezza materialista, al rifiuto di ogni ipotesi di un’altra vita, all’affermazione che tutti i miti sono ingannevoli. È l’enigma dell’uomo, ma tutto è in lui e da lui: ecco il punto che mi interessa.

Ciò che voglio prendere in considerazione è una posizione di fede che, sotto forme diverse, consisterebbe nel credere in una realtà o fonte «spirituale» – diciamo «Dio» – altra da noi, che ha preso l’iniziativa di rivolgersi a noi attraverso la parola di Gesú (il profeta che annuncia e anticipa il Regno futuro, cioè la speranza che ogni essere vi sarà accolto) e di prendere dimora interiore in noi sotto il nome di Spirito Santo. Si può allora far ricorso a testi, miti, dogmi, istituzioni, riti, accordando a loro soltanto il valore di essere figura di questo nucleo essenziale: non è forse questa, in realtà, una posizione molto diffusa, senza essere del tutto cosciente e chiarita, mentre la valutazione del resto può restare fluttuante?

Come collocarmi nei suoi confronti? Mi sembra di mantenere il nocciolo duro della confessione di fede (ciò che negheranno, senza dubbio, i tradizionalisti). In che cosa consiste questo nucleo? La manifestazione personale e unica di Dio nel destino di Gesú Cristo, la presenza personale di Dio nel dono dello Spirito ai credenti e alla Chiesa, mentre resta del tutto inattingibile il mistero personale del Padre (questi tre «non so che cosa», diceva Agostino). Aggiungiamo la capacità della Scrittura di diventare Parola per il credente o per l’assemblea, la presenza attiva del Risorto nell’eucarestia, l’animazione della Chiesa nel suo mistero con i carismi e i ministeri, la comunione dei santi. Il resto, rappresentazioni o istituzioni, prodotti della storia, necessarie, o almeno utili o con un senso in un certo tempo, o nocive e perverse (giochi di potere, legittimazioni, sacralizzazioni testuali, rituali, istituzionali, confusione con i poteri della Città), può essere accettato per ciò che è, criticato, contestato. È possibile che queste due posizioni di fede, nonostante la differenza che mi sembra essenziale, appaiano equivalenti agli occhi degli stessi cattolici «tradizionali».

 

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

 

  • seconda
  •  Note a complemento delle due domande:

nota 1: A proposito della conclusione della prima domanda…

nota 2: A proposito dell’esperienza nella seconda domanda…

nota 3: A proposito della possibilità o dell’attestazione di una realtà spirituale…

nota 4: A proposito di Dio che prende l’iniziativa…

nota 5: Ancora a proposito della necessità di una realtà spirituale…

nota 6: Ogni nota precedente è scaturita dalla discussione con interlocutori differenti…

nota 7: Se è impossibile affermare l’esistenza di Dio sulla base di un ragionamento…