Bastano poche parole

di Ugo Basso

 

Avevo pubblicato sul quaderno dello scorso dicembre una relazione sul convegno organizzato nell’ottobre precedente dalla rete Viandanti – Chiesa, di che genere sei? – sulla presenza e sul ruolo della donna nella chiesa con attenzione al delicato complesso problema dei ministeri consacrati. Riportavo, e condividevo, le aspettative espresse in quella sede su un ampio ripensamento pastorale e dottrinale appunto sul conferimento del diaconato alle donne, ora in discussione, e, in prospettiva, anche dell’ordine sacro.
Pochi giorni dopo mi scrive un carissimo amico prete, che da decenni, ai margini della foresta amazzonica in Brasile, offre vita familiare e istruzione ai bambini abbandonati e ammalati e agli anziani che non hanno da vivere. Una breve intensa lettera che mi piace condividere, solo scusandomi di avere atteso tanto: bastano poche parole evangeliche per ridimensionare secoli di speculazione teologica. Serissima certamente, erudita e motivata.

Ho letto il tuo articolo Chiesa, di che genere sei? Dentro le belle riflessioni e suggerimenti che dai, mi è sembrato di notare una contraddizione di fondo.
Mentre suggerisci che la chiesa, il papa, i vescovi finalmente si aprano non solamente al diaconato delle donne, ma anche al loro sacerdozio, dall’altra parte, giustamente, dici quello che san Paolo e la chiesa dice: che l´unico vero sacerdote è Cristo. Preti ministeriali e non sacerdoti. Quindi, un domani, forse, donne preti e non sacerdotesse.
Cristo, ci ricordi, ha confermato che la donna e l´uomo sono il vero sacro tempio dello Spirito Santo. Quindi dobbiamo darci da fare, affinché questo sacro sia sempre piú manifestato, cioè che l´amore regni.
Il resto sono particolari, relegati nel tempo spazio, cose contingenti, sicuramente non essenziali. Non dico che non siano cose importanti: ma tutto passa, quello che rimane é la carità. Amore-carità che si esprime nel servizio, nel fare il proprio dovere, onestamente, seriamente. Esempio: il sacerdozio di madre Teresa e milioni di altre donne.
Durante la celebrazione della eucarestia, sempre ricordo ai fedeli che non sono io o il pastore protestante che celebra, ma lui, il Cristo, è lui la vittima offerta per noi.
Alla fine della messa ricordo a chi è battezzato e quindi consacrato, sacerdote, re, profeta e pastore, che può benedire. E, arrivando nelle loro case, devono benedire quella loro chiesa domestica, la loro vera cattedrale, con chi ci vive dentro, gli ammalati, i piccoli, i giovani, gli sposati che la loro unione é un sacerdozio, donne e uomini, esseri umani di qualsiasi genere, gli anziani, tutti, santi o peccatori.

Certo, «una contraddizione di fondo»: riteniamo che le donne siano private di qualcosa che è concesso ai maschi, ma anche quelli che il linguaggio comune chiama sacerdoti, anche loro, pur con funzioni diverse, partecipano soltanto allo stesso unico sacerdozio di Cristo come ogni battezzato. Muovendo da questa constatazione, per un verso il ministero consacrato alle donne sarà molto piú semplice, per un altro è meno rilevante la differenza.
Resta invece, e quanto piú impegnativa, la testimonianza dell’amore a cui tutti i battezzati sono tenuti perché ogni donna e ogni uomo sono «tempio dello Spirito Santo» e pertanto impegnati a diffondere l’amore, cominciando con il fare il proprio dovere. Padre Luigi ci ricorda un’altra conclusione semplicissima di san Paolo: «L’amore non avrà mai fine» (1Corinti 13,8), tutto il resto sí, comprese la speranza e la fede.
E ancora una nota diciamo ecumenica: se soltanto chi presiede l’eucarestia riconoscesse al «pastore protestante» lo stesso ruolo, cadrebbero d’incanto ostilità, incomprensioni, barriere per ritrovare la forza di dire insieme che ogni battezzato ha il dovere e il potere di portare la benedizione del Signore a ogni essere umano, santo o peccatore.
Grazie dunque a padre Luigi Brusadelli, che ci ha sintetizzato l’insegnamento di Francesco.