Una carta per i diritti dei popoli

di Giancarla Codrignani

 

In tempi recenti da piú parti si parla della Carta di Algeri, Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli, sogno di libertà e equa distribuzione mondiale, che dal 1976 avrebbe dovuto ispirare la politica mondiale dei successivi decenni. La storia si è evoluta in altre direzioni e la Carta è stata del tutto assente dal dibattito politico anche dei partiti che una volta si chiamavano di sinistra. Ringraziamo Giancarla Codrignani (parlamentare per tre legislature e presidente della Lega italiana per i Diritti e la Liberazione dei Popoli) che ne propone una riflessione aggiornata.
Aggiungo una piccola curiosità. La Carta rappresenta la sintesi ideale della vita politica e di studio di Lelio Basso, mio zio, uno dei maggiori studiosi di marxismo nei suoi anni.
Nell’intervento alla camera in cui il 15 marzo 1966 negava la fiducia al terzo governo Moro, citava «una rivista cattolica che seguo con molto interesse, Il gallo di Genova»…
 u.b.

 

Il 4 luglio del 1976 venne proclamata ad Algeri la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli. Ideatore e nume tutelare era Lelio Basso, grande figura del socialismo italiano, uno dei primi tra i politici impegnati nelle problematiche internazionali a rendersi conto che la vera questione storica dell’epoca non era il conflitto Est/Ovest, bensí quello Nord/Sud.

 

Un uomo di visione

 

Erano gli anni in cui nelle società occidentali, dopo il trauma del Vietnam, cresceva la partecipazione ai problemi dei tanti paesi oppressi da dittature reazionarie che negavano l’autonomia ai popoli ex-colonizzati e violavano i diritti umani e politici delle persone. Due grandi organismi in Italia sostenevano i diritti dei cittadini e dei lavoratori ovunque i diritti venivano conculcati: Amnesty International che indirizzava la sua azione prevalentemente alla denuncia delle violazioni e alle richieste di solidarietà ai casi degli arresti arbitrari e delle condanne illiberali, e il Sistema Basso che aspirava a dare effettività ai non meno importanti diritti dei popoli all’autodeterminazione e alla liberazione dalle dittature.
Lelio Basso era un uomo di visione. Profondo conoscitore dei sistemi giuridici, economici e politici su scala internazionale e dell’insidia ideologica già neoliberista, aveva un grande progetto: istituire una carta di principi universali che ottenesse consenso internazionale; darle efficacia politica mediante una Lega internazionale per i Diritti e la Liberazione dei Popoli che svolgesse iniziative concrete di informazione e solidarietà nei diversi paesi del Nord e del Sud del mondo attraverso sezioni nazionali; fondare due strutture a difesa dei diritti dei popoli, un Tribunale dei Popoli che assumesse la loro difesa da situazioni di violazione dei diritti internazionalmente protetti e ne denunciasse lo scandalo; ma anche con un servizio di avvocatura per assumere la difesa di singoli casi esemplari.
Un’ambizione grande che Lelio sperava di realizzare, anche se non era un illuso e neppure coltivava la triste pianta della superbia narcisistica; né le difficoltà appassirono gli entusiasmi autentici dei collaboratori nei diversi paesi, consapevoli dei molti limiti, soprattutto finanziari. La buona volontà era molta, perfino da parte delle istituzioni pubbliche, ma l’avvocatura rimase un’intenzione e il Tribunale nacque a Bologna il 24 giugno 1979, dopo la scomparsa, il 16 dicembre 1978, del suo promotore.

 

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Ogni popolo ha diritto
  • Troppa inerzia nella politica
  • Ridisegnare la rotta