La vita ha un senso più pieno

di Maria Pia Cavaliere

Nella sua parrocchia genovese di san Pio X, la caldissima mattina del 5 agosto, eravamo in tanti a salutare Maria Pia Cavaliere, un altro lutto nel nostro gruppo, nella nostra redazione, dopo quello di Renzo Bozzo che proprio Maria Pia aveva ricordato su queste pagine appena lo scorso giugno. La pensiamo nella gioiosa fantasia del suo Signore e cercheremo di continuare il cammino nelle comuni speranze, nella comune ricerca.
La ricorderemo nel quaderno di ottobre: qui riportiamo la parte che è stata letta, a conclusione del suo funerale, tratta dal suo articolo Risorgeremo: la vita ha un senso piú pieno pubblicato nel quaderno monografico del Gallo del marzo-aprile 1988, Credo la vita eterna.

 

C’è la morte che ti porta via le persone che ami, che minaccia di non lasciarti finire l’opera iniziata. Vedi persone la cui vita sembra devastata dalla sofferenza, dalla miseria, dall’oppressione, contro cui tutto sembra accanirsi.
C’è la noia, la banalità in cui pare affondare la tua esistenza. Perfino le esperienze piú belle, gli incontri piú intensi, ti lasciano talora un senso di delusione, come se il meglio ti fosse sfuggito, l’avessi intravisto e non fossi riuscita ad afferrarlo. La conquista di ciò che desideravi resta inappagante. È come se qualcosa ti si sfarinasse tra le mani: è tutta qui la vita, che senso ha?
Riecheggiano le parole di Qoelet, scritte nel III secolo a.C.: «Tutto è vanità: Che utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?» (1, 2-3); «Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà: non c’è niente di nuovo sotto il sole» (1, 9).
Che cosa possono dirci, allora, la vita eterna e la promessa di resurrezione di fronte alle asperità e durezze della vita che a volte ci fanno gridare al non senso? È ancora una volta una fuga? Un fatto smobilitante che mentre ci consola e ci rassicura ci spinge a lasciarci andare in un’attesa passiva di un domani migliore?

Nulla andrà perduto

Ecco, credo che la speranza nella vita eterna dia questo senso alla vita d’oggi: che nulla di ciò che di vero, autentico, buono, valido abbiamo vissuto, sebbene infangato dal peccato, roso dai dubbi, soffocato dagli affanni, intriso di amarezza, nulla andrà perduto perché Dio lo raccoglierà per trasformarci: «Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11, 25) dice Gesú e ci invita: «Non temere, piccolo gregge, perché al padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12, 32-33). Questa frase è stata interpretata come un invito ad accumulare meriti, ma io la leggerei cosí: potete vivere già oggi quello che è eternamente sensato.