Oltre il monoteismo del sé

di Luisa Riva

Un recente breve e denso saggio del teologo Pierangelo Sequeri, La cruna dell’ego. Uscire dal monoteismo del sé, evoca, attualizzandola, la famosa frase evangelica e ci mette immediatamente di fronte al tema del soggetto e delle sue scelte. Si tratta di un testo di non facile lettura, ma che vale la fatica di chi cerca ipotesi rigenerative per l’uomo oltre la crisi presente con il contributo di un cristianesimo riportato al nucleo evangelico.

Una valutazione condivisa

L’autore nell’introduzione pone la questione chiave dell’attuale profondo disagio degli uomini e delle donne dei nostri giorni, soprattutto nelle società ricche e disperate, che sempre piú sembrano essere caratterizzati dall’anaffettività e dalla distruttività.
Ma se oggi la denuncia di questa deriva è generalmente condivisa, non vi è nessuna convergenza sui rimedi possibili. Sequeri mostra, attraverso la ripresa del pensiero di alcuni autori che hanno profondamente segnato il secolo scorso (Stirner, Nietzsche, Bataille), la progressiva autoaffermazione di un soggetto che non vuole altro fondamento che se stesso, che esalta la vitalità che si trasforma poi in una esperienza estatico-anaffettiva dalla quale è esclusa ogni trascendenza. Si afferma quello che ci può sembrare il paradosso di un godimento anaffettivo, ogni amore viene visto come una debolezza, una minaccia.

Il carattere anaffettivo è dunque il grembo di un carattere distruttivo – odio dell’altro, ma anche odio di sé – che vive una sorta di latenza anestetica. Latenza pronta a squarciarsi improvvisamente nell’esplosione furiosa del risentimento (p 11).

Sequeri si propone di andare al nodo della metamorfosi dell’autorealizzazione che, perseguita ossessivamente con un dirottamento autoreferenziale, porta alla de realizzazione dell’altro e al culto narcisistico della propria identità.
Non basta la semplice denuncia di questo quadro, non servono appelli moralistici al superamento dell’egoismo, neppure si chiede all’io di annullarsi, rinunciando al riconoscimento di diritti e libertà che un lungo cammino storico ha permesso, ma si deve tornare a riflettere sull’origine e la destinazione del desiderio. Va analizzato e decostruito il meccanismo del desiderio che cerca in se stesso il suo compimento.

L’accanimento sulla domanda «chi sono io?» conduce all’ossessione di una risposta che l’io non è in grado di dare: genera frustrazione, malinconia, angoscia e disperazione. La scarnificazione dell’autocoscienza è sanguinosa e sterile. L’inizio della sapienza è piuttosto chiedersi «per chi sono io?». Questa domanda apre la frontiera, inaugura l’avventura, ci rende esploratori di terre sconosciute e creatori di rapporti fecondi. Tanto l’assegnazione del primato all’interrogazione sull’origine ci rende ottusi ed estranei al mondo, tanto il riconoscimento del primato al tema della destinazione ci rende dinamici e generativi (p 15-16).

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Per chi sono io?
  • Ragione e mano
  • Etica e diritto
  • Del dono e della grazia
  • La comunicazione oggi
  • Il superamento della religione non dissolve il sacro