Spiritualità e misticismo oggi

di Antonio Gentili

La parola mistico può anche non piacere oggi perché potrebbe risuonare desueta e antiquata. Ma vuole sottolineare l’esperienza: il mistico è colui che fa esperienza di Dio. Un’esperienza di cui potrà parlare solo lasciando spazio al mistero. È come l’esperienza dell’amore: quello che si prova, si può vedere attraverso gli occhi e la felicità, ma difficilmente si può trasmettere con le parole. Mistico quindi è una persona che sperimenta la forza della sua fede e la traduce in vita.

Bruno Moriconi OCD
Docente di teologia spirituale

Poiché il mio intervento verterà sulla dimensione mistica della vita spirituale, partirò da un episodio della mia giovinezza che ebbe il suo contesto qui in Genova, dove la famiglia si era trasferita nell’anteguerra da Carrara a motivo della professione del babbo, direttore didattico di un plesso scolastico che abbracciava tra l’altro le Scuole elementari di via Burlando. Quando l’antico desiderio di consacrarmi al Signore prese corpo, non vidi soluzione migliore se non andare alla ricerca di una vita di totale distacco, per cui decisi di fuggire di casa e di inoltrarmi nell’entro terra genovese alla ricerca di un eremo. La mia fuga di notte tempo, all’insaputa dei familiari (nella mia ingenuità di adolescente ero certo che avrebbero compreso questo gesto!), finí sui giornali. Vi si poteva leggere della «scomparsa veramente misteriosa» da parte di «un mite fanciullo misticamente esaltato, profondamente religioso», deciso com’era di «isolarsi dal mondo».
A parte l’esaltato, devo concludere che il richiamo alla mistica avrebbe costituito una sorta di filo rosso, anche se apparentemente sotto traccia, della mia vita.

Attrazione della vita spirituale

Avrei trovato conferma dell’importanza di una simile dimensione della vita spirituale nel magistero di un mio illustre confratello, una volta entrato nell’Ordine dei Barnabiti: padre Giovanni Semeria (1867-1931), figura ben nota ai Genovesi, tra i quali profuse a piene mani le proprie ricchezze morali e intellettuali non meno che filantropiche. Il cardinale Giuseppe Siri (arcivescovo di Genova dal 1946 al 1987) era solito affermare che le classi piú ragguardevoli della città erano debitrici al barnabita della loro perseveranza nella fede in un’epoca di crisi tra laicismo e modernismo. All’inizio di quella scuola superiore di religione da lui fondata nel 1897, scuola sorretta da un serio ancoraggio alla cultura moderna, che per un quindicennio avrebbe educato alle fede le giovani generazioni, Semeria si riferiva a una delle figure di spicco dell’intellighenzia cattolica, il barone Friedrich von Hügel (1852-1925), definendolo come uno di «quei mistici che oggi sono destinati a tornare in onore, quei mistici la cui genialità profonda potrà, forse ancor meglio della rigidità filosofica, influire sulla nostra generazione» (Venticinque anni di storia del Cristianesimo, p 55). Si trattava di un profondo convincimento, ripreso successivamente in una delle sue conferenze. Vi si legge:

Le anime moderne davvero sono piú disposte a ricevere il pensiero cristiano fatto sentimento mistico, che il sentimento cristiano irrigidito in una formula scolastica: le anime moderne sono piú sensibili per la via del cuore che per quelle della testa» (Le vie della fede, p 170).

Semeria anticipava, con simili espressioni, un convincimento che finirà per costituire uno slogan: «Il cristiano del futuro sarà un mistico o non sarà affatto». Questa intuizione di Karl Rahner (1904-1984) costituí l’argomento della 54ª Settimana di spiritualità promossa dalla Pontificia Facoltà teologica Teresianum di Roma il 21 febbraio 2013, sul tema O mistici o nulla. Evangelizzare all’esperienza della fede.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • L’esperienza religiosa nelle tre età della vita
  • La dimensione contemplativa della vita
  • Il contributo del pensiero buddista
  • Il silenzio come luogo del rapporto con Dio