«Mio Dio, perché non esisti?»

di Silviano Fiorato

Può sembrare un paradosso, una contraddizione intrinseca; oppure un’ipotesi fantascientifica. Ma di fronte al mistero assoluto che nasconde la realtà universale la cui essenza, al di là delle scoperte scientifiche, è (e sarà sempre?) inconoscibile, ma che è ben presente ai nostri sensi nella sua parte percepibile, non sembra illecito formulare delle ipotesi: anche se sono solamente fantasie.
Cosí può nascere l’idea che l’essenza creatrice dell’universo, che chiamiamo Dio, sia una infinita potenza energetica; una energia che respiriamo come l’aria e che ci fa vivere; una energia che fa esistere l’universo, che si concentra negli astri che si attraggono tra di loro, fino a inghiottirsi a vicenda se si avvicinano troppo, o fino ad autodistruggersi in un buco nero.
La nostra stessa esistenza è il frutto di questa energia e, al suo termine, con la morte del nostro corpo, sarà libera di vivere nello spirito o forse di trasmigrare in altre forme di vita. E chissà che tra noi viventi sulla terra questa energia non si manifesti in una particolare forma attrattiva che chiamiamo amore; un sentimento che può legare due persone o allargarsi senza confini verso gli altri esseri umani e, perché no, verso gli animali e le piante, e tutto ciò che ci accompagna nel nostro esistere.
E allora si potrebbe pensare che anche la santità sia l’espressione di questa energia diffusa; e che questa energia dell’amore possa essere il carburante del nostro motore quando si impegna a percorrere la via, spesso in salita, che Gesú ci ha indicato e che lui stesso ha percorso fino all’apice, nell’identità con Dio. E allora, se cosí fosse, non sarebbe un’eresia ritenere che Gesú Cristo sia stato la persona umana che si è divinizzata, diventando parte integrante di Dio, dispensatore dell’energia dell’amore; cioè dispensatore di sé stesso, in quanto, per nostra definizione, Dio è amore.
Un’ ultima chiosa a questo discorso, che per molti lettori potrebbe essere definito un semplice sproloquio: l’amore non sempre è potenza, perché non riesce a togliere la sofferenza degli altri, ma solo a condividerla. E allora Dio stesso, massimo grado di energia dell’amore, non gradirebbe di essere chiamato onnipotente come noi facciamo; come del resto ci sembra evidente pensando alla preghiera inevasa di Gesú Cristo nell’orto del Gethsemani.
Possiamo cosí comprendere la domanda impossibile del poeta Giorgio Caproni: «Mio Dio, perché non esisti?». La risposta è che l’energia dell’amore non riesce a levare la sofferenza del mondo, ma che sta a noi cercare di alleviarla per quanto ne abbiamo la possibilità.