A cent’anni dalla pace sbagliata

di Aldo Badini

Sono stati numerosi, in questi ultimi anni, gli eventi, le celebrazioni, le pubblicazioni e gli articoli a ricordo del centesimo anniversario della prima guerra mondiale. Sorprende invece la scarsa attenzione riservata all’atto conclusivo del conflitto, che si svolse un secolo fa tra il gennaio del 1919 e il gennaio 1920, a Parigi, dove si tenne la conferenza di pace. Furono trattative difficili, che videro la partecipazione dei rappresentanti di tutti i paesi coinvolti, ma guidate e decise, in realtà, dai quattro capi di governo dei maggiori vincitori e dai loro staff: l’americano Wilson, il britannico Lloyd George, il francese Clemenceau e in misura minore l’italiano Orlando. Particolarmente ingrato fu il ruolo dei rappresentanti dei vinti, ridotti a firmare e accettare condizioni gravose e impegni umilianti, quelli che la stampa tedesca sintetizzò con una parola: diktat, e che vent’anni dopo contribuirono all’origine di una seconda ancora piú devastante tragedia.
In effetti colpisce la differenza tra quanto accadde in Europa dopo il 1918 e dopo il 1945: nel primo caso due decenni di agitazioni sociali, di tensioni internazionali, di difficoltà economiche e di conflitti locali; nel secondo un lungo periodo di crescita, di benessere diffuso e di pace, che avvantaggiò il nostro continente (soprattutto i Paesi occidentali), ma anche l’America del Nord e parte dell’Asia.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Il primo e il secondo dopoguerra
  • Gli egoismi nazionali
  • Un mondo bipolare lontano dalle attese
  • Quale pace cent’anni dopo Parigi?