Alessandro Manzoni e gli Ebrei – 2

di Antonio M. Gentili

Alessandro Manzoni negli Inni Sacri, primizia della sua conversione (definitiva già nel 1810) si rivela prettamente, squisitamente paolino – né piú né meno. Non antisemita neanche per ombra: hoc primum; ma non filosemita in forme e con spirito o proporzioni [sic] eterodosse; filosemita, come poteva esserlo san Paolo o, meglio, come fido discepolo di Dio.

Maria fanciulla ebrea

Non si può dire che il Manzoni tocchi davvero il problema del semitismo nella Risurrezione, il primo degli Inni Sacri, posteriore di due anni soli alla conversione del Poeta (aprile-giugno 1812), per quanto vi parli dei Patriarchi e dei Profeti del popolo sacro. I Patriarchi chiamati «i [as]sopiti d’Israele1», alla cui liberazione discende il Cristo nel Limbo prima di risorgere alla gloria; i Profeti definiti in modo poetico come i

mirabili Veggenti,
che narrarono il futuro,
come il padre ai figli intenti
narra i casi che già furo.

Patriarchi e Profeti sono le glorie del popolo d’Israele, le vere, le somme sue glorie, a cui accenna Paolo nella Lettera ai Romani quando del suo popolo celebra l’apoteosi.
E sotto questo rispetto c’è già in germe la valutazione del popolo ebreo, giusta per ogni anima cristiana: valutazione che non può sfociare legittimamente né nel disprezzo, né nell’odio. Valutazione che continua nel Nome di Maria, la cui composizione segue quasi immediatamente la Risurrezione. E si badi che mentre la rievocazione dei Patriarchi e dei Profeti è al posto suo nella Risurrezione, l’esaltazione d’Israele nel Nome di Maria è molto voluta, ricercata. Essendogli quasi scappato detto di Maria «fanciulla ebrea», continua con una apostrofe, che sa di volo lirico:

O prole d’Israello, o nell’estremo
caduta, o da sí lunga ira contrita,
non è Costei che in onor tanto avemo
di vostra fede uscita?
non è Davidde il ceppo suo? Con Lei
era il pensier de’ vostri antiqui vati,
quando annunziaro i verginal trofei
sopra l’inferno alzati!

Anche Maria è gloria d’Israele, fanciulla ebrea, come i Profeti. Fin qui siamo nella linea della Risurrezione, glorificazione storica del popolo eletto, rivendicazione storica delle sue glorie passate.
Ma il poeta s’inoltra, dalla rievocazione storica all’auspicio profetico:

Deh! a Lei volgete finalmente i preghi
ch’Ella vi salvi, Ella che salva i suoi.

Augurio, cristiano augurio di conversione. Il popolo ebraico deve convertirsi. Manzoni lo desidera, come lo desiderava san Paolo. E deve convertirlo la Madonna: «Ella vi salvi!». A questo pensiero tornerà piú tardi Alessandro Manzoni, quando assisterà alla conversione di Alfonso Ratisbonne2 e avrà da fare nella conversione del Cohen3.
Questa speranza di conversione tradotta in preghiera, espressa pubblicamente, questa speranza estesa a tutto il popolo, non ha nulla di benché lievemente eterodosso; non avrebbe il piú lieve sapore eterodosso anche se non esistesse la Lettera di san Paolo ai Romani, e non lo ha, visto che quella lettera esiste.

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1 «I sopiti d’Israele»: i patriarchi ebrei che sono nel Limbo, quasi assopiti nella estenuante attesa della promessa liberazione… riecheggia il «sospesi» di Dante, Inf., II,52 (Opere di Manzoni, a c. di L. Caretti, Mursia, Milano 1965, p 1199).
2 Alphonse Marie Ratisbonne (1814-1884), avvocato e presbitero francese di origine ebraica, si convertí al cattolicesimo in seguito all’apparizione dell’Immacolata, avvenuta in Sant’Andrea delle Fratte (Roma) il 20 gennaio 1842.
3 Ermanno Cohen (1810-1871), pianista tedesco, ebreo convertito al Cattolicesimo (1847) e fattosi carmelitano scalzo con il nome di padre Agostino Maria del Santissimo Sacramento.

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