Noi siamo chiesa

di Ugo Basso

I vent’anni del movimento Noi siamo Chiesa (NSC), sezione italiana del movimento internazionale We are Church, sono ricordati dall’amico Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale, sul numero di novembre di Tempi di Fraternità. I lettori del mensile piemontese per due volte all’anno ricevono il supplemento Per una Chiesa nuova, notiziario del movimento NSC curato pure da Bellavite: un’occasione da ricordare e da partecipare ai nostri lettori, molti dei quali seguono il movimento e ne traggono informazioni e suggerimenti per i propri orientamenti ecclesiastici.
Ne abbiamo scritto in diverse occasioni: l’urgenza del rinnovamento delle forme della religiosità e dell’annuncio cristiano nel nostro tempo non riesce a far immaginare un progetto organico e continuiamo a mantenerci in un precario equilibrio fra quella che non intendiamo piú considerare la società perfetta e una molteplicità di nuove esperienze non sempre convincenti e talvolta bizzarre. Proprio di questi anni è l’equilibrio fra la tradizione e l’innovazione evitando che la Tradizione – anche con la T maiuscola – soffochi autoritariamente il nuovo e che il rinnovamento si allontani dalle radici, diciamo pure dalla Scrittura. Anche noi ci collochiamo in questo spazio, un po’ approssimativamente indicato come conciliare, e NSC ne è certamente una voce autorevole, critica e fedele. Innanzitutto riconoscendo nella figura di Francesco la fedeltà all’evangelo prima che alla storia e la ricerca di forme di comunicazione che sappiano esaltare la gioia dell’evangelo dall’altezza del suo magistero senza nascondersi che esso stesso debba essere ripensato.
Non possiamo immaginare, e forse non sarebbe auspicabile, che un papa o anche un concilio inventino un nuovo modello di chiesa articolato e complesso per sostituire quello tridentino che informa la struttura poco evangelica che abbiamo sotto gli occhi: occorre dunque sostenere riforme parziali, esperienze diverse che possano convivere senza pretendere esclusività né esclusioni, capaci di fare passi avanti, ma anche di farne indietro, se occorresse. In questo ambito ci muoviamo in tanti con sincerità e rispetto, disposti a mettere in comune quello che studiamo e sperimentiamo e a confrontare idee.
Su queste tracce si muove NSC che in questi anni ha saputo essere criticamente significativo grazie ai suoi argomentati interventi, attesi per la loro tempestività, di valutazione di alcune nodali decisioni ecclesiali e lanciando, dopo il cinquantesimo della conclusione del concilio Vaticano secondo (2015), cinque incontri nazionali nello spirito di Chiesa di tutti chiesa dei poveri a loro volta origine di altre iniziative. Uno spirito, come abbiamo avuto occasione di sottolineare trattandone in occasione dello svolgimento, di ricerca e di costruzione, non di contestazione e dissenso: si intende che ciascuna posizione può essere condivisa a diversi livelli.
Su alcuni temi NSC ha ottenuto dei risultati meglio percepibili, su altri ha fatto girare opinioni, gettato semi che potranno ancora dare i loro frutti, creato «cultura ecclesiale». Di molte iniziative e prese di posizione abbiamo trattato nel tempo, ora vorrei almeno citare, oltre al «demoniaco connubio fra il trono e l’altare» e la costante sacrosanta polemica sull’«assurda santificazione dei papi» a partire da Pio IX (il papa del sillabo!), le tre questioni sulle quali NSC ritiene di aver maggiormente contribuito a farle circolare all’interno della grande comunità ecclesiale. Si tratta della questione dei divorziati risposati; della centralità della povertà, come scelta di vita, posizione teologica, urgenza politica; dell’accoglienza delle persone omosessuali e, fra i molti altri, in gran parte in sinergia con l’associazione dei Viandanti, la posizione della donna nella chiesa, anche relativamente all’investitura ministeriale.
Chiudo con il doveroso ringraziamento e l’augurio di un futuro costruttivo nel quale continueremo a sentirci vicini, a cui però aggiungo che la denominazione della sezione francese del movimento, Nous sommes aussi l’Eglise, mi pare piú evangelica.