Non rinunciare all’affido – 1

di Dante Ghezzi

Ringraziamo Dante Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta della coppia e della famiglia, apprezzato non solo in Italia, per questa informata e pacata riflessione sul complesso problema dell’affido familiare. Ci offre un’informazione aggiornata con gli ultimi provvedimenti legislativi e illustra i vantaggi per i minori con difficoltà di origine familiare: la consapevolezza dei possibili rischi per abusi e di natura affettiva non possono oscurare la positività del provvedimento.

Premessa

Negli ultimi tempi si è molto parlato degli affidamenti familiari, si è discusso e polemizzato sui media e sui social dopo la pubblicizzazione delle vicende di Bibbiano (Reggio Emilia), vicende riguardanti presunti gravi e impropri comportamenti di operatori sociosanitari nei confronti di minori e delle loro famiglie nel campo degli abusi, della psicoterapia e degli affidi. Di quanto sia veramente successo a Bibbiano sapremo solo allo svolgimento dei processi penali, mentre il battage mediatico ha già trattato le accuse del pubblico ministero e del giudice delle indagini preliminari come fatti certi, provati, acclarati e ormai incontestabili, con un uso delle informazioni gestito in maniera approssimativa e scandalistica sia da giornalisti interessati al clamore sia da politici senza scrupoli, nel corso di una accesa campagna elettorale. Con buona pace della verità e degli interessi di famiglie e minori in difficoltà.
Tra le accuse mosse agli operatori di Bibbiano sostenute dal pubblico ministero, che dovranno appunto essere provate in sede processuale, è presente quella di avere dato bambini in affido a persone amiche, ovviamente per favorire un lucro a loro vantaggio.
In questo clima in Regione Piemonte è stata avanzata recentemente la proposta di legge Allontanamento zero orientata a cancellare azioni di intervento protettivo nei confronti di minori, considerando ogni famiglia biologica, a prescindere dalla casistica, sempre e solo buona; definendo in buona sostanza l’affidamento familiare come uno strumento spurio da bandire. Fortunatamente a tale tesi estremista si sono opposte tutte le organizzazioni del privato sociale, del volontariato, ma anche delle categorie professionali di psicologi, assistenti sociali e avvocati di famiglia, le associazioni cattoliche, il vescovo e larga parte dell’opinione pubblica.
Intanto però molti comuni hanno frettolosamente chiuso o ridimensionato i servizi affido, preposti a ricercare famiglie affidatarie, a programmare abbinamenti idonei alle necessità, a accompagnare lo svolgimento del percorso affidatario.

Che cos’è l’affido?

L’affidamento familiare è un istituto previsto dalla legge e riformato con un provvedimento recente (legge 173/2015) che intende garantire la collocazione temporanea di un minore, che per serie ragioni non può restare presso il proprio nucleo, presso un’altra famiglia per un lasso di tempo contenuto assicurandogli protezione, educazione e affetto. L’affidamento familiare è quindi alternativo alla collocazione in una struttura comunitaria.
Durante un affido, il minore, bambino piccolo, di età scolare, ma anche preadolescente o adolescente, sperimenterà l’accoglimento in una famiglia che, pur non essendo la sua, saprà garantire relazioni utili alla sua crescita. In un contesto affettivo la nuova famiglia porrà regole della buona convivenza, proporrà norme e abitudini sensate, manterrà contatti adeguati con il sociale. Tutti aspetti che in una famiglia problematica potevano risultare compromessi e che possono cosí essere recuperati a utilità della crescita di un figlio che non può stare con i suoi genitori.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Il diritto a crescere in famiglia
  • L’adeguatezza di una famiglia
  • Tipologie e progetto

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