Migliori o peggiori?

di Ugo Basso

Ansia e stupore: amministra l’Italia un governo inconsistente, senza progetti, sostenuto da partiti che poco hanno in comune, che verosimilmente non ha la maggioranza nel paese e ogni giorno rischia la crisi e al quale pure dobbiamo qualche riconoscenza accompagnata dalla speranza che si regga sia per portare fuori dalla crisi, sia perché si addensano in prospettiva maggioranze rovinose. La cattiva politica, che ha aggravato la situazione in cui ci ha gettato il famigerato virus, è nella fragilità delle infrastrutture, nei debiti pregressi, nella frammentazione regionale, nella debolezza in Europa e nel rifiuto a un’intesa civile di fronte all’emergenza. Certamente sono stati negati molti diritti dei cittadini, ma per prevenzioni che hanno ridotto il contagio, senza progetti illiberali, senza poteri speciali e non in conflitto con gli articoli 16, 17,18 e 19 della costituzione. Qualche maggiore coinvolgimento del parlamento sarebbe stato auspicabile, anche se indubbiamente l’urgenza ha avuto delle ragioni. I dati diffusi non sono convincenti, per volontà di coperture o per obiettive difficoltà di calcolo connesse con le diagnosi e con l’esecuzione di tamponi di accertamento.
Ignoro se si potrà dire che la nostra epoca è divisa da un prima e un dopo la pandemia, ma è certo che il contagio e le decine di migliaia di morti hanno fatto emergere impensate risorse positive insieme a egoismi e inefficienze: difficile prevedere se a pandemia risolta – sempre che si risolva – ci troveremo migliori o peggiori e neppure quale via imboccherà la politica nazionale e internazionale e anche nel privato abbiamo forse scoperto inattese generosità e subito impreviste delusioni. Non considero qui le ricadute sulla vita religiosa e solo esprimo rammarico per il richiamo della Cei ai privilegi concordatari.
Abbiamo tutti conosciuto rinunce per molti davvero pesanti, ma abbiamo riconosciuto che per le decisioni importanti di utilità comune occorre rivolgersi ai competenti e non è vero che il parere di tutti vale uguale, anche se la comunità scientifica non è unanime e non può pretendere un ossequio fideistico. Abbiamo osservato una maggiore diligenza nell’ubbidire alle norme con reciproci richiami (sulla distanza, sulla sanificazione, sull’uso delle mascherine), goduto dell’efficienza di enti e istituzioni di cui ignoravamo l’esistenza e apprezzato la giustamente celebrata abnegazione di medici e infermieri in troppi casi fino alla vita.
Per contro, abbiamo conosciuto chi per comodo o negligenza non si è dato pensiero di diffondere contagio; abbiamo conosciuto le carenze della struttura sanitaria, frammentata nelle regioni, e le conseguenze, in Lombardia devastanti, di errori accumulati da decenni, di lentezze, di confusione e di inefficienza organizzativa – pensiamo a tamponi, guanti e mascherine negati anche al personale sanitario – per non dire operazioni di speculazioni sui prezzi o addirittura di truffa fino all’irresponsabilità. Regioni contro lo stato, stato contro le regioni, comuni contro le regioni; mafie efficientissime nel sostituirsi allo stato nelle emergenze e nelle vaste zone di illegalità; forze politiche che si contrappongono non per progetti diversi, ma per appropriarsi di pezzi di potere.
In prospettiva mondiale si sono sentite voci che riconoscono nello scempio del pianeta, nella riduzione della biodiversità, nella desertificazione galoppante elementi che hanno favorito il diffondersi del virus e potranno in seguito favorirne altri, ma non pare che ci siano disponibilità a orientarsi verso modifiche condivise di stili di vita globali. Perfino l’Organizzazione Mondiale della Sanità è controllata da interessi di singoli stati in un mondo in cui liberismo economico e neocolonialismo aggrediscono libertà e dissolvono speranze, preparando le armi per confronti il cui solo pensiero toglie il fiato.
Nel quadro sconfortante abbiamo comunque individuato segnali positivi e nel mondo politico persone che meritano fiducia: dobbiamo trovare gli spazi per agire e progettare, per inventare istituzioni efficienti e libere da corruzioni. L’esperienza della fragilità e della sofferenza diffusa ha rilanciato parole che temevamo perdute: rispetto, solidarietà, efficienza, correttezza, competenza. Non ci sono partiti, donne, uomini capaci di dare consistenza politica a questi concetti?