2020 novembre
Da queste pagine guardiamo alla cronaca solo se questa lascia intravedere, tra le moltitudini di informazioni, «segni» che aiutino a vivere con consapevolezza questo nostro indecifrabile tempo. Da anni siamo informati di molteplici efferati omicidi, giovani vite strappate anche per futili motivi, di altri giovani rei di crimini tanto terribili quanto stupidi (manifestazioni di quella banalità del male teorizzata in anni ancora piú tragici dalla filosofa Hannah Arendt?). Continuano a informarci sui femminicidi che investono non di rado anche figli ignari e innocenti delle drammatiche dinamiche delle gelosie e follie degli adulti. Siamo di fronte a un degrado nella nostra percezione del mistero della vita e della morte? Ci viene in mente il filosofo Plotino (205-270) che, verso il tramonto dell’impero romano, considera la morte un falso problema: quando noi ci siamo, argomenta, Lei non c’è e quando c’è Lei non ci siamo noi! Se la morte non esiste, allora anche la scelta dell’omicidio, come via possibile per risolvere le tensioni e il dissidio tra gli uomini può diventare lecita. Ma purtroppo la morte e il dolore che essa causa esistono, come ci ricordano le morti di molte persone care, per incidenti, malattie, epidemie che sperimentiamo come ingiuste. Il mistero della morte interroga l’umanità dalla notte dei tempi e le religioni hanno offerto visioni aperte, piú ricche di speranze, e indicato nell’attesa esperienza certa della morte ragioni per valorizzare gli anni della vita, responsabilizzarsi nei comportamenti, godere delle tante realtà positive. Nella visione cristiana, e non solo, la vita è un grande dono: ma anche fuori da queste letture, è indiscutibile che nessun vivente si è dato la vita da sé o per propria volontà.
La vita esiste, come esiste la morte, e bisogna farci i conti: il continuo incremento di crimini che spezzano tante vite può anche essere letto come un sintomo di decadenza sociale e di disturbi mentali. Per una assurda contraddizione, all’aumento di beni che la società ci offre, corrisponde un aumento sia del numero delle persone che si sentono esistenzialmente vuote, sia della percentuale di soggetti che cercano serenità e motivi per vivere facendo uso di psicofarmaci quando non di droghe o, addirittura, pensano al suicidio.
I grandi criminali che fanno delle morti altrui, specie se di massa, fattore di successo o di arricchimento personale e di casta sono cosa assai piú nefasta del singolo omicidio domestico o della mentalità dei bulli del quartiere. Ma anche questi ultimi oggi hanno raggiunto una soglia che porta dentro e dietro di sé qualcosa che nuoce gravemente alla vita democratica e civile. I problemi che si pongono sono molti e ci rimandano a una crisi culturale e educativa, ma la domanda che ci si dovrebbe fare per iniziare un percorso positivo, per noi sembra chiara: vogliamo o non vogliamo crescere in umanità? Per riuscire in ciò i rapporti con il nostro prossimo dovrebbero essere improntati al dialogo e al reciproco rispetto per consentire a tutti e a ognuno di noi di vivere con consapevolezza e responsabilità e, per quanto si può, con gioia quell’attimo di luce che ci è dato.