Per Jean-Pierre Jossua
di Domenico Cambareri
Capace di fraternità
Jean Pierre Jossua fu un uomo libero. Alcuni hanno sbrigativamente voluto vedere in lui il perpetuarsi di un certo ideale illuministico-liberale della libertà travestita da individualismo. La libertà di questo uomo – e credente – fu tale perché ancorata a una evangelica accoglienza della fraternità; Jossua fu uomo libero perché prima di tutto fu uomo fraterno che accolse persone che non si era scelto.
La fede in Gesú di Nazareth, sempre approfondita nel duro esercizio della ragione, lo rese capace di rapporti fraterni che spesso furono all’origine delle sue ricerche teologiche; in tempi non sospetti intuí la non rinviabile urgenza di una teologia che fosse frutto del lavoro congiunto delle teologhe e dei teologi: data la complessità del tempo moderno che certo non meritava, né merita, le paternalistiche approssimazioni di certe teologie. Uomo libero – e teologo – perché capace di fraternità dunque.
Sono gli eventi interiori, vissuti nella Francia degli anni sessanta, le remote cause di quella teologia letteraria che è l’eredità culturale maggiore che Jean Pierre Jossua lascia agli studiosi cattolici e non. La letteratura ha portata teologica pari – se non superiore – alla teologia di scuola perché, come la Scrittura stessa non svela l’ontologia di Dio, ma narra la storia di Dio, essa è capace di dare conto dell’instancabile ricerca che l’uomo fa di un senso che giustifichi la sua esistenza, e questo senso è sostenuto dall’esperienza di Dio.
Solo un uomo veramente libero sa che, come Dio, anche la libertà non si può concettualizzare ma vivere, ecco perché sentiva cosí forte la chiamata alla letteratura: essa può condividere questo essenziale bisogno antropologico, attraverso la narrazione.
La critica alla chiesa fu vissuta come irrinunciabile esigenza del suo amore per essa e mai fu tentato dall’abbandono; questo in virtú del fatto che paradossalmente fu proprio la chiesa a donargli i beni maggiori della vita: la fraternità e la libertà. La chiesa li offre perché dal Signore li ha ricevuti.
E chiudiamo con parole sue:
L’ho accettata [la chiesa cattolica] in blocco, con tutto il suo folclore, le sue leggende, le sue ottusità, la sua intolleranza, la testimonianza invadente e abusiva che il suo sistema istituzionale e gerarchico rende a sé stesso, la sua semplicistica concezione della verità (legata a un dogmatismo che in pratica nega la complessità e i rischi della ricerca e della scoperta della verità), il legalismo colpevolizzante e il razionalismo puerile dei suoi moralisti. In seguito non ho mai cessato di rifiutare e denunciare tutto questo; eppure non ho mai avuto la tentazione di abbandonare questa famiglia, di rinnegare ciò che essa mi aveva dato, proprio perché è stato in essa che ho imparato a riconoscere la libertà, quella libertà che rende possibile e perfino necessaria la critica.
Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:
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