Pregare per i defunti?
di Giannino Piana
La preghiera per i defunti è stata a lungo in passato (e in parte lo è tuttora) una pratica di grande rilievo nella chiesa cattolica. E non solo a livello personale, ma anche a livello dell’ufficialità ecclesiale, dove non solo si moltiplicavano (e si moltiplicano) nelle parrocchie le celebrazioni di messe di suffragio, ma si era anche sollecitati (e lo si è) a lasciare in eredità un legato pio (cosí viene definito), disponendo che una parte dei propri beni venga devoluta alla celebrazione delle messe per i defunti, distribuite tra i preti delle parrocchie piú piccole e piú povere e tra i missionari che agiscono nelle regioni piú disagiate del mondo, nonché a preti locali delle stesse regioni.
Le motivazioni della celebrazione di queste messe e di tutte le altre forme di preghiera vanno ricercate nella convinzione che esista nell’al di là una condizione – quella delle anime purganti – che attraversano un tempo di purificazione, il quale può venire ridotto e addirittura annullato grazie alla intercessione di chi vive ancora sulla terra, il quale chiede a Dio che i loro peccati siano perdonati e possano pertanto venire accolte nella pienezza del Regno. La motivazione teologica fondamentale è il mistero della comunione dei santi, che unisce la chiesa presente sulla terra con quella celeste – un tempo si diceva la chiesa militante con quella purgante e trionfante – e che dà luogo a un flusso di grazia che assume la forma di una costante (e vitale) circolarità.
Il Purgatorio come condizione
Alla base di questa dottrina vi è anzitutto la convinzione che sussista, accanto al Paradiso e all’Inferno che hanno seri fondamenti biblici, uno stato intermedio – un vero e proprio luogo come ce lo propone la Comedia dantesca – in cui venga a trovarsi un numero consistente di fedeli ai quali è richiesto un processo di purificazione. Si tratta di donne e uomini che, per la presenza di colpe non del tutto cancellate attraverso il perdono in terra non possono accedere immediatamente al Paradiso e, al tempo stesso, per la limitata gravità dei propri peccati non possono venire destinati alla pena eterna, ma solo a una pena temporanea con finalità espiatoria.
La figura del Purgatorio non ha di per sé un posto preciso nella Bibbia: i tentativi fatti per mettere a fuoco qualche indizio appaiono poco fondati; sono per lo piú allusioni molto vaghe attraverso le quali si costruiscono ipotesi assai labili, che lasciano intravedere la difficoltà di rintracciare prove effettive le quali in realtà non sussistono. Il termine Purgatorio fa il suo ingresso nella tradizione cristiana solo alla fine del XII secolo – come bene ha messo in luce Jacques Le Goff in un importante saggio dal titolo La nascita del Purgatorio (Einaudi 2006) – e viene successivamente confermato in termini autorevoli dal Concilio di Lione nel 1274, nonché ripreso dal Concilio di Trento, che afferma con chiarezza l’esistenza per molti fedeli di un periodo di purificazione dopo la morte.
Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:
- Preghiere e opere di pietà
- Abusi della celebrazione
- Ha ancora senso pregare per i defunti?