Non disperdere l’eredità di Gino Strada
di Maria Grazia Marinari
Ho scoperto Gino Strada nel 2000, quando, alla Feltrinelli, mi sono imbattuta nel suo Pappagalli Verdi. Conoscevo già, dalla rivista dei Comboniani Nigrizia, l’obbrobrio delle mine anti uomo, di cui l’Italia era (almeno fino al 1997) uno dei primi produttori. Leggere le terribili esperienze di questo chirurgo di guerra (come lui stesso si definiva) mi ha colpita profondamente facendomi diventare una convinta sostenitrice di Emergency, che ho subito cercato di far conoscere. L’asciutta definizione di chirurgo di guerra forse nasconde e minimizza l’alto livello della formazione professionale di Gino Strada, maturata presso atenei prestigiosi (Milano, Stanford, Pittsburg) e ospedali (Groote Schuur a Città del Capo e Harefield nella greater London). Dal 1988 i suoi interessi principali diventano la chirurgia traumatologica e la cura delle vittime di guerra.
Dal 1989 al 1994 lavora con il comitato internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: Pakistan, Etiopia, Perú, Afghanistan, Somalia e Bosnia Erzegovina.
Nel 1994, insieme alla moglie Teresa Sarti, alcuni colleghi e amici, fonda Emergency, organizzazione non governativa (ong) «indipendente e neutrale per portare cure medico chirurgiche di elevata qualità».
Scandalosamente bello
E l’idea di fornire nei luoghi piú disagiati e difficili «un’eccellente assistenza medica» culmina, forse, nell’ospedale «scandalosamente bello» richiesto a Renzo Piano:
Quando Gino Strada mi ha chiesto di partecipare a questa nuova sfida di Emergency non ci ho pensato due volte, ho detto immediatamente sí! Questo ospedale sarà un modello di «eccellenza medica, sostenibilità ambientale, indipendenza energetica e armoniosa distribuzione dello spazio». Vogliamo utilizzare le risorse della terra, l’acqua e il sole, i migliori traguardi della modernità, quelli veri. L’ospedale sarà edificato sulle rive del lago Victoria, circondato da natura e alberi. La vegetazione sarà l’orizzonte dei piccoli ospiti, gli alberi come metafora del processo di guarigione.
Il centro di chirurgia pediatrica di Entebbe, iniziato nel 2017 e operativo dall’aprile 2021, è il secondo realizzato da Emergency in Africa, dopo quello di Salam in Sudan, nell’ambito dell’Anme (African Network of Medical Excellence) – patrocinato da Emergency sin dal 2008 – per costruire sistemi sanitari fondati su uguaglianza, qualità e responsabilità sociale (Eqs).
Qualcuno ci critica per questi particolari, i lussi non strettamente necessari alla sopravvivenza dei pazienti: le pareti affrescate nelle corsie pediatriche, la cura maniacale della pulizia, dei pavimenti lucidi, dei servizi igienici in cui si sente l’odore dei detersivi. Dicono che c’è sproporzione rispetto al livello del paese, alle devastazioni della guerra che segnano il territorio appena fuori il muro di cinta dell’ospedale. Ma perché? Costa poco di piú mettere nel giardino bougainville, gerani e rose. E altalene. Costa poco e aiuta a guarire meglio. Sono sicuro che i nostri sostenitori, quelli che sottraggono cinquanta euro alla pensione o che consegnano agli amici, come lista di nozze, il nostro numero di conto corrente, sono d’accordo con questa scelta.
Milioni di bambini muoiono ogni anno semplicemente perché non hanno accesso alle cure mediche [...] Dovremmo continuare a tollerare questo scandalo o dovremmo compiere ogni sforzo per salvare o migliorare la vita di milioni di esseri umani?
Non so se sia un caso, ma per chi ha piú di cinquanta anni, Entebbe ricorda l’episodio del dirottamento dell’air-bus Air France del 27 giugno 1976 e del conseguente blitz delle forze armate israeliane del 4 luglio, nell’ambito del conflitto israelo-palestinese. Questa coincidenza, secondo me, si allaccia all’altro grande tema che Gino Strada ha continuamente affrontato e posto – talvolta con parole crude, dirette e persino urtanti – all’attenzione di tutti, ossia l’inutilità e l’orrore della guerra.
Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:
- Non pacifista, ma contro la guerra
- Se uno ha bisogno, va aiutato