2022 febbraio

Nella primavera del 2020, quando la pandemia di SarsCov2 aveva ormai raggiunto molte parti dell’Occidente, si è cominciato a riconoscere l’interdipendenza fra tutti i popoli della terra e il bisogno di un’azione comune e solidale, di una cooperazione scientifica, per riconoscere e studiare il virus e le misure atte a contrastarlo: un risultato comunque positivo nella tragedia, ma ben presto le logiche del profitto e del potere hanno avuto il sopravvento.
La gara alla scoperta di vaccini, presentata come rassicurante tutela contro la malattia, si è rivelata una corsa al profitto e un’arma di supremazia nei rapporti fra gli stati. Il miracolo della messa a punto, in meno di un anno, di diversi tipi di vaccino ha illuso di poter debellare speditamente il virus. Il sicuro vantaggio di una larga accessibilità al vaccino ha rivelato il limite della disponibilità per quantità e costi ai soli stati ricchi, fino all’orgoglioso e supponente America first con il conseguente accaparramento delle dosi disponibili. Soltanto una distribuzione planetaria del vaccino avrebbe forse potuto efficacemente contrastare la pandemia. Se non abolire i brevetti, sarebbe un segno di solidarietà utilizzare gli immensi utili realizzati dalle industrie produttrici, ben superiori agli investimenti nella ricerca, per la distribuzione del vaccino alle popolazioni che ne sono precluse.
Sulle difficoltà di questo periodo è gravata la scorrettezza di un’informazione contraddittoria e confusa, ripetitiva, con accreditamento di autorevolezza alla scienza e alla tecnologia, senza riconoscerne i limiti, ma in cui la voce di uno scienziato vale quella emozionale di un cittadino senza conoscenze specifiche, per non dire di negazionisti e complottisti, magari mossi da un disagio motivato, ma estraneo ai problemi sanitari.
Su un altro piano ricordiamo che già alla fine del XIX secolo Charles Darwin aveva evidenziato come la sopravvivenza delle specie viventi sia garantita dalla loro adattabilità all’ambiente e non dalla loro forza o aggressività. Indubbiamente nell’homo sapiens l’adattabilità esiste: le caratteristiche principali della specie sono l’intraprendenza, la curiosità, la creatività e l’incoercibile spinta a superare i limiti, doti che nei secoli hanno permesso l’adattamento e la vita anche in ambienti poco ospitali, ma anche la creazione di strumenti cosí potenti da mettere in pericolo l’incolumità del pianeta intero.
La biologia evolutiva attesta la durata media di una specie intorno ai quattro milioni di anni, quella sapiens è quindi assai giovane (circa trecentomila anni). Per contro, la specie virus ha una longevità ben maggiore, piú di tre miliardi di anni, e un’adattabilità corrispondente. Negli ultimi decenni vari virus hanno allarmato l’umanità: Hiv, Sars, Ebola, diffusi però tra categorie umane o zone terrestri limitate, con gravi danni, ma senza diventare pandemia e condizionare lo stile di vita umano.
Dunque rispetto, ragionevolezza, solidarietà, le grandi vie dello spirito, si identificano oggi con gli strumenti necessari per la prevenzione e il risanamento: singolari coincidenze fra le intuizioni delle religioni e gli approdi della ricerca scientifica e sociologica.

i Galli