Riconoscere l’ambiguità

di Ugo Basso

«Vogliamo la pace o il condizionatore acceso?» Immagino la schiera dei benaltristi che, non osando dichiarare la preferenza, diranno che non serve, perché ci vuole ben altro… Ma la domanda di Draghi esprime una consapevolezza che forse ancora non abbiamo: per salvare la pace possono occorrere rinunce o, comunque, modifiche ai parametri di vita che avevamo considerato irrinunciabili. Sempre che a un tempo di pace libero da devastanti epidemie si riesca davvero ad arrivare.
Leggo, vedo, partecipo, ripenso, talvolta azzardo qualche giudizio in queste settimane di guerra spettacolarizzata – troppe, ma fino a quando? – e oggetto di centinaia di milioni di scambi in rete, cosí presente da indurre, dopo l’angoscia, l’indifferenza. Mi chiedo che cosa ne scriveranno i testi di storia a eventi conclusi – sempre che si concludano e ci siano testi di storia che la insegnino. Mi chiedo come saranno valutate le posizioni radicali di chi rinuncia alle armi a costo di lasciare spazio a qualunque aggressione – anche Hitler a Monaco si chiamava uomo di pace –; o le posizioni neutrali di chi ammette aggressione sí, ma provocata e comunque nessuno può essere considerato innocente e poi chissà se è tutto vero, magari il sangue è solo succo di pomodoro e le armi sono giocattoli; e chi continua a vivere il suo quotidiano, anche con momenti sereni e progettuali, pur temendo un allargamento che finisca con il coinvolgerci in rinunce o addirittura in eventi militari e chi con generosità ospita profughi o si adopera per favorirne l’accoglienza; e che cosa scriveranno delle chiese cristiane che fraintendono l’impegno per la pace con il sostegno ai nazionalismi?

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