Bonhoeffer 1 – Essere per gli altri

di Giannino Piana

Ringraziamo l’amico Giannino Piana, uno dei maggiori conoscitori di Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), il pastore luterano ucciso dai nazisti ancora oggi al centro del pensiero teologico del novecento, di riproporci la testimonianza della sua figura. Dai fondamenti scritturistici alla teologia della grazia, dalla frequentazione dei sacramenti al martirio, nel silenzio della comunione con il Signore, Bonhoeffer ancora oggi interpella la nostra fedeltà chiedendoci a che cosa siamo disposti per considerarci discepoli e ci propone una credibile idea di Dio e dell’uomo per il nostro tempo.

La riflessione teologica di Dietrich Bonhoeffer ha sempre avuto un carattere esistenziale, nel quale si intrecciano pensiero e vita. Dopo una prima fase di ricerca accademica, che fu costretto ad abbandonare nel 1933 perché sgradito al regime, questo carattere è venuto sempre piú accentuandosi, anche in ragione dell’incarico che nel 1935 gli venne affidato dalla Chiesa confessante luterana (fondata nel 1934, a pochi mesi dalla conquista del potere da parte di Hitler, la Chiesa confessante tedesca si oppose sia al regime nazista, sia alla chiesa luterana ufficiale di fatto controllata dal regime, ndr): quello di direttore di uno dei cinque seminari pastorali per la formazione dei suoi pastori a Finkenwalde. Risalgono a questo periodo Sequela (1937) e Vita comune (1939), che possono essere considerati due classici della spiritualità cristiana.

La chiamata di Cristo e la risposta del discepolo

La chiave di volta di tale spiritualità è la centralità di Cristo, che è possibile attingere attraverso la Scrittura, di cui Bonhoeffer fornisce una lettura non esegetica, ma spirituale e sapienziale. In questo contesto egli inserisce la chiamata del discepolo, frutto della grazia e portatrice di misericordia. La sequela alla quale il discepolo è chiamato lo obbliga a fare propria la via stretta del vangelo, assumendo come stile di vita la proposta del discorso della montagna (Mt 5, 1-12), le beatitudini in primo luogo che costituiscono il programma morale del Nuovo Testamento.
La sequela si presenta dunque come una scelta esigente; è grazia «a caro prezzo», la quale comporta l’assunzione di una grande responsabilità da parte del discepolo che è chiamato a mettere in gioco la propria visione del mondo per ribaltarla e andare controcorrente, rinunciando a tutto, fino alla rottura dei propri legami sentimentali e materiali e persino di quelli religiosi, che divengono spesso opprimenti. Cristo, alla cui condotta occorre ispirare la propria, è un «essere per gli altri», che sollecita pertanto chi lo intende seguire e imitare a spendere la propria vita nel dono totale di sé.
Appare in tal modo evidente lo stretto legame tra la sequela e la croce: seguire Gesú Cristo ha la sua piú alta espressione nella partecipazione alla sua sofferenza. Ciò è reso possibile soltanto guardando a lui che ci precede, e non a noi stessi e al nostro cammino.

Rinnegare sé stessi – scrive Bonhoeffer – significa conoscere solo lui che precede, non il cammino per noi troppo difficile. Ancora una volta rinnegamento di sé significa solo: egli ci precede, tieniti stretto a lui (Sequela, Queriniana, Brescia 2004, p 77).

La sequela è dunque, in ultima analisi, chiamata all’obbedienza radicale della fede, la quale implica una lettura sine glossa, cioè senza sconti e senza scorciatoie, del vangelo, e un’adesione incondizionata a esso. La confidenza in Dio, che è essenzialmente fiducia in lui e affidamento alla sua parola di salvezza, comporta uno stretto legame tra chiamata e obbedienza, al punto che

laddove la semplice ubbidienza viene in linea di principio eliminata, la grazia a caro prezzo della chiamata di Gesú si trasforma – osserva Bonhoeffer – ancor una volta nella grazia a buon mercato dell’autogiustificazione (Sequela, pp 71-72).

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Nel segno di una autentica fraternità
  • Meditazione e interiorizzazione
  • Due sacramenti fondamentali