2022 dicembre
Lo si voglia o no, è difficile azzardare previsioni su eventi e fenomeni cosí dinamici e complessi attivati dalla concomitanza sinergica tra la crisi energetica scatenata dalla guerra Russia/Ucraina, gli effetti derivati dall’innalzamento della temperatura media dell’atmosfera del pianeta e le varie pandemie sparse nel mondo.
Questa incertezza non stupisce però chi conosce l’andamento dei fenomeni complessi e, in particolare, la capacità evolutiva della biosfera ad adattarsi spontaneamente alle trasformazioni ambientali, anche se la dinamica di ogni processo irreversibile non è mai continua nel tempo e la trasformazione non è lineare. Del resto, abbiamo piú volte osservato un parallelismo tra i fenomeni della natura e quelli della società: civiltà nascono e si sviluppano, ma poi tramontano e il meccanismo, il profondo perché del trasformarsi nel tempo delle civiltà umane ci rimane ignoto, anche chiamando in aiuto le potenti risorse dell’intelligenza artificiale.
Un sistema complesso può essere chiuso o aperto, può essere protetto dagli agenti esterni, come un castello cinto dal fossato, oppure avere continue interazioni con l’esterno, alla stregua di una città esposta a una molteplicità di eventi dalla dinamica non prevedibile. In natura, come nelle società, ci sono sistemi complessi che evolvono verso la disgregazione e altri che nelle crisi avviano nuovi percorsi, attivando potenzialità esistenti, ma non ancora emerse. Ad esempio, di fronte agli elevati rischi di una guerra nucleare, un sistema complesso chiuso ha maggiore probabilità di travolgere nella catastrofe vinti e vincitori rispetto a un sistema, altrettanto complesso, ma aperto. Nelle società umane ci sono certo nodi che non possono essere sciolti, ma anche fenomeni che possono essere orientati: la scelta in questo caso, per noi e per le generazioni future, è di essere partigiani, cioè dalla parte di tutte le vie, larghe o strette, orientate all’apertura del sistema, perché non vi si resti chiusi e prigionieri.
Non si tratta dunque solamente di propendere per un sí generico e di comodo alla pace o per un no, altrettanto generico e di comodo, alla guerra. Si tratta invece di rendere piú facile e credibile un orizzonte dove cessi lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura attraverso una partecipazione personale e comunitaria, nella quotidianità dell’oggi e nella progettazione del futuro. Utopia?
Certamente, ma per i credenti la fede non è forse certezza in cose sperate, a cui invita il Mistero di Gesú? E, per i non credenti, la lotta alle diseguaglianze sociali, la difesa dei lavoratori, l’andare verso società inclusive nei confronti degli immigrati, il limitare gli sprechi non sono forse spinte verso un nuovo umanesimo?
L’evoluzione positiva di una società aperta si fonda sullo studio e si fa concreto sul piano pratico. Quando e come le strutture sociali e politiche della nostra società metteranno in agenda e realizzeranno concretamente le priorità del vivere e del morire per ogni persona, povera o benestante che sia, allora avremo fatto un passo avanti, forse piccolo per l’economia globale, ma certamente grande verso la realizzazione di una società aperta, speranza per l’umanità.
Ci avviamo al 2023: buon anno con l’impegno e la fiducia che il nostro sistema complesso, politicamente, economicamente, socialmente, possa ancora aprirsi anche con il nostro contributo di ricerca culturale e spirituale, oltre le logiche fideistiche o di bottega.
i Galli