2023 maggio

«Che cos’è la verità?» È piú che giustificato lo scetticismo del procuratore romano della Giudea di fronte a quello strano imputato che, invece di difendersi dalle accuse, si dice nato per testimoniare la verità. Nella domanda/risposta di Pilato c’è il solido pragmatismo dell’uomo di governo, abituato a districarsi tra le voci contrastanti e a decidere per quelle piú convenienti al bene dello stato. In definitiva è questo il dovere di chi governa: scegliere tra le opzioni e agire in favore della collettività, lasciando ad altri le disquisizioni sui grandi principi filosofici. Cosí potremmo accontentarci di delegare ai decisori di turno le questioni concernenti l’interesse pubblico, che in quanto tali sono complesse e necessitano di conoscenze e competenze specifiche. Se non che la condizione di cittadinanza democratica non vuole sudditi ubbidienti, esige partecipazione responsabile e orientamenti espressione di un dibattito informato, che a sua volta si dovrebbe fondare su una comunicazione onesta, requisito di base per la formazione di una opinione pubblica ponderata.
È quanto accade normalmente? Guardando al tema di maggior rilievo e attualità da un anno a oggi, diremmo di no. Il modo in cui autorevoli media nazionali hanno presentato e commentato i fatti di guerra in Ucraina è sconfortante: una visione semplicistica e manichea, per di piú polarizzata sui due leader assunti a simboli del conflitto, quasi che Putin e Zelenski riassumessero in sé, o meglio nella loro riduzione a tipi esemplari, le storie, i torti e le ragioni di genti che per secoli hanno coabitato una stessa terra di confine, condividendone radici, memorie e il comune fondatore, quel principe Vladimir di cui non a caso i due capi di stato portano il nome. Occorreva che gli organi di informazione, oltre a denunciare i crimini degli invasori (anche odiosi come il rapimento di bambini), evidenziassero pure le falsificazioni propagandistiche degli invasi, nonché i maneggi delle potenze straniere che per tre decenni hanno soffiato sul fuoco, interessate ad approfondire le divisioni tra le repubbliche della ex Unione Sovietica per attrarle nei propri circuiti politici e di mercato.
Occorrevano trasparenza e profonda umanità, insomma. È accaduto invece che le funzioni emotiva e persuasiva della comunicazione prendessero il sopravvento su quella referenziale, propria della esposizione dei fatti, di modo che al pubblico meno attento arrivasse una informazione distorta e politicamente indirizzata. Certo, sappiamo bene che le reti dei media rispondono agli orientamenti dei loro proprietari, e che costoro, uomini o aziende che siano, sono sensibili a specifici interessi, e massimamente a quelli dello stato di appartenenza, quando sono in gioco le grandi questioni internazionali.
Tuttavia il riguardo per le direttive, specie se eterodirette da piccoli e grandi fratelli stranieri, non dovrebbe far velo alla verità, soprattutto quando è da vedersi se la parte aggredita e i suoi difensori siano cosí innocenti e privi di ambiguità. Si potrebbe obiettare che a volte non è semplice distinguere che cos’è la verità, quando la nebbia della disinformazione sfuma la realtà e ne copre i contorni; ma contro lo scetticismo dei sempiterni Pilato basterebbe ricordare che la verità non è una cosa, ma una via che si fa vita, e della quale è dovere di ciascuno – e massime di quanti scrivono – dare piena e onesta testimonianza.

i Galli