2023 luglio – agosto
La condizione della massaia, del contadino e dell’operaio, aveva sofferto un tempo d’una palese inferiorità rispetto al gruppo privilegiato che si distingueva dalla massa, secondo il rapporto vigente fra classi storicamente antagoniste. Al popolo bastava la speranza di un miglioramento, d’una progressiva ascesa sociale. Quel desiderio di promozione trovava movente nel perfezionamento professionale e culturale, per un’emancipazione dai bisogni, dapprima essenziali, poi sempre piú accessori e/o voluttuari.
Strumento e scopo insieme, si rivelò il denaro, simbolo d’uno stato da conquistare. Era convinzione che la ricchezza garantisse successo e sicurezza, tanto piú desiderabili quanto piú ottenibili velocemente e senza fatica. Meta che appariva facilitata da sostegni e raccomandazioni, in relazioni di compromesso e di favore, se non di clientelismo. Ciò che dava l’illusione di maggiore autonomia risultava condizionamento, non sempre evitabile. Negli anni Sessanta del Novecento la civiltà dei consumi espresse a paradigma ideologico il binomio sapere / potere, anch’esso retto da una componente finanziaria. Nello stabilirsi di alleanze e interdipendenze, la disponibilità della cultura conferiva il potere e viceversa. Allora parve decisiva la tecnica per raggiungere il massimo risultato con il minimo mezzo, tendenza alla razionalizzazione, con incremento di produttività specialmente nel lavoro industriale.
Ma lo sfruttamento conseguente a questa organizzazione del lavoro contrastava con la fruibilità del tempo concesso all’uomo per l’uomo, come denunciato da Giannino Piana. Nel coinvolgimento soggettivo la persona era colpita in facoltà quali memoria, giudizio, immaginazione e privacy, oltre che nella creatività e nella gratuità dell’azione, fino alla «perdita d’un criterio oggettivo di verità e di quadro valoriale condiviso». Se l’automazione intaccava la sfera esistenziale dei lavoratori, a compensazione interveniva la visione della cosí detta civiltà delle macchine, nella quale le Arti che, per la loro natura creativa, critica ed eversiva, parevano nemiche del rigore tecnocratico, furono degradate a divertimento e programmate nelle fabbriche, assieme allo sport e al tempo libero.
Durante il boom economico di quegli stessi anni sessanta e settanta, il dibattito su Industria e Letteratura era guidato da una neoavanguardia che contestava quel modello di sviluppo, sui limiti del quale il Club di Roma lanciò il suo monito, inascoltato fino all’attuale allarme ecologico globale. Nei decenni successivi la rivoluzione informatica procedeva, dalla realtà virtuale all’intelligenza artificiale. L’alternativa che oggi s’impone sta in una conversione a una visione piú responsabile, suggerita dall’ultimo sapere scientifico e dalla sperimentazione anche in campi delicati come la genetica, finora non assimilati o incompresi. La prospettiva è un cambiamento in una visione sistemica, realizzabile grazie a un’interdisciplinarità paritaria (non piú gerarchica e specialistica per livelli di interessi e di poteri), fondata su una cultura della complessità che si trova al bivio tra l’individualismo inequo e violento e la solidarietà.
Forse, anche se solo nei sogni degli umanisti, la solidarietà resta l’unico assetto sociale capace di sottrarre la gestione politica dei maggiori fenomeni e problemi a effetti incontrollabili, disastrosi, sostanzialmente inumani.
i Galli