2023 settembre
Ce lo siamo detto tante volte, con nostalgia o con compiacimento: nel nostro occidente la cristianità è al tramonto, breve o lungo che possa essere. Osserviamo la pressoché totale caduta dell’incidenza sociale della religione (calendario civile, ritualità collettive), l’abbandono in massa della frequenza della messa festiva, la riduzione drastica del numero di preti, frati e suore con conseguenti seri problemi logistici e organizzativi.
Tuttavia, anche secondo dati recenti, in Italia i praticanti, concetto peraltro approssimativo, sarebbero poco meno del 20 per cento della popolazione (dati 2022), con molte differenze fra le fasce di età e la distribuzione territoriale. Un numero comunque considerevole a cui occorre aggiungere il ruolo ancora riconosciuto ai vescovi e la presenza molto consistente degli insegnanti di religione cattolica, nominati dalle curie, in ogni ordine di scuola. In questo quadro osserviamo la scarsa autorevolezza della chiesa, sostanzialmente insignificante nell’orientare i comportamenti e le scelte individuali e collettive anche dei suoi membri. Per dirla con il vangelo, si è perso il sapore e se il sale perde sapore… (Luca 14, 34-35).
Diciamo quindi che l’insignificanza della presenza religiosa oggi non dipende dalla scristianizzazione della società, ma dall’incoerenza dei cristiani e delle loro istituzioni. Proviamo qualche esempio. Forse la prima ragione è la pretesa che ha attraversato la storia di condizionare il potere non con richiami profetici, impegni alla giustizia, proposte alte di bene comune; e anche i recenti principi non negoziabili sono parsi strumenti di censura, piuttosto che inviti a una conversione. Negate dalle società democratiche le pretese autoritarie, la chiesa ha perso credibilità e quindi autorevolezza.
Una seconda ragione di insignificanza è l’inconsistenza delle omelie, ancora ascoltate ogni domenica da milioni di persone, ma nella gran parte incapaci di suscitare ripensamenti e reazioni, di proporre una diversa lettura della realtà, e pure di dare informazioni libere da interessi, educare a quello che, con linguaggio laico, diremmo senso critico. Abbiamo già detto dell’incoerenza accompagnata dall’ignoranza, dovuta a adesioni al cristianesimo motivate da tradizioni o da qualche bisogno di spiritualità che decadono nell’indifferenza, in un moralismo banale o in forme devozionistiche. I voti battesimali, dichiarazione di opzioni esistenziali all’interno di una comunità, sono del tutto disattesi, svuotando quella proclamata «rinuncia alla seduzione del male» che dovrebbe comportare, per esempio, una diversa visione della ricchezza personale e collettiva. Raramente le istituzioni formalmente cristiane esprimono creatività, fantasia, speranza, gioia.
Perché il Regno di Dio venga, cioè perché gli uomini collaborino al progresso della creazione, i credenti, a fianco di chi ci sta, devono avvertire la responsabilità di inquietare le coscienze, creare relazioni, confortare nei turbamenti testimoniando con gioia che un’altra società è possibile. Con parole di Paolo, possiamo dire che credere nello Spirito rende possibile e praticabile quello che è stoltezza per il pensiero di massa (1Corinti 2, 14 e altrove). Vivere in questa prospettiva, agire in questa fedeltà non sarà insignificante, come non lo è l’impegno di quanti provano a realizzarla.
i Galli