Aldo Capitini, il Gandhi italiano

di Luisella Battaglia

Cè sempre una punta di stravaganza ad andare controcorrente e Aldo Capitini era andato contro corrente all’epoca del fascismo e di nuovo nell’epoca postfascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello.

Le parole di Pietro Nenni caratterizzano assai bene l’esistenza deliberatamente anticonformista di Aldo Capitini (1899-1968) di cui ricorre quest’anno il cinquantenario della morte. Poco compresa dai contemporanei, la sua figura di libero religioso e di rivoluzionario non violento ha la particolare qualità di dispiacere sia ai cattolici sia ai laici.

Nonviolenza senza trattino

Basti ricordare che Capitini è tra i quattordici docenti universitari che rifiutano di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo ed è per questo allontanato dall’insegnamento. Il suo impegno nell’antifascismo, per cui viene incarcerato due volte, trova una sua prima realizzazione nel 1944 con la fondazione a Perugia del Centro di orientamento sociale, uno spazio politico aperto alla libera partecipazione dei cittadini, a cui seguirà la creazione del Centro d’orientamento religioso al fine di favorire la conoscenza delle religioni universali. La sua lotta, fin dagli anni 50, per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare in nome della nonviolenza, avrà il suo compimento ideale nel 1961 con l’organizzazione della Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli da Perugia ad Assisi, una marcia che si rinnova ogni anno con grande partecipazione (quest’anno lo scorso 7 ottobre, ndr).
Per cercare di ricostruire un itinerario tanto complesso – testimoniato da antologie come Scritti sulla nonviolenza (post.1992) e Scritti filosofici e religiosi (post.1995) – ci si può riferire a quello che costituisce il perno del suo pensiero e della sua azione, la nonviolenza, mutuata dai grandi profeti religiosi – Gesú, Buddha, Francesco –, ma rinsaldata con l’insegnamento di Gandhi. È lui stesso a esigere che la parola nonviolenza venga scritta senza il trattino, per accostarsi il piú possibile al significato del termine gandhiano ahimsa, da intendersi in senso eminentemente attivo e positivo.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Lo scandalo della sofferenza
  • Ampliare la vita spirituale
  • Infinitamente piú forte dell’uomo