la storia
- IDEATORE DEL GRUPPO E DELLA RIVISTA
- NEL 1934, FABRO TENTA, INSIEME A SIMONASSI, DI COSTITUIRE UN GRUPPO
- IL PRIMO NUMERO E LA SCELTA DELLA CITAZIONE
- I PRIMI ANNI DI PUBBLICAZIONE
- ED È KATY CANEVARO, DALLA PERSONALITÀ AFFASCINANTE
- ALTRE RIUNIONI, ALL’INIZIO SALTUARIE
- GLI ANNI FINO AL 1973 SONO DENSI DI INCONTRI
- NEL CLAMORE DELLA PUBBLICISTICA ITALIANA
IDEATORE DEL GRUPPO E DELLA RIVISTA Il Gallo, Nando Fabro nasce a Alessandria nel 1900. Frequenta l’istituto per geometri dove incontra un professore di lettere limpido liberale che esercita profonda influenza su di lui. Giovanissimo entra nelle Ferrovie dello Stato per le quali si occuperà, fino alla pensione, di progettazione di linee elettriche.
A diciotto anni lascia la chiesa cattolica, in cui era stato tradizionalmente educato, perché in essa gli pareva di non respirare, ma vi ritorna a ventitré anche se altro da quello di prima.
Si interessa di poesia contemporanea e scrive poesie egli stesso. Nella seconda metà degli anni ’20 collabora a La Liguria del popolo, settimanale cattolico di tradizione intransigente, da cui si allontana nel 1930.
Nel clima di autarchia culturale del tempo, Nando Fabro si interroga sul rapporto tra fascismo e cristianesimo – accentuato dopo la trionfalistica celebrazione della Conciliazione fra Stato e chiesa del 1929 – e sul ruolo dei laici nella chiesa e nella società, facendone oggetto di discussione e confronti con gli amici, come Rinaldo Simonassi, detto Simone, suo collega di lavoro all’ufficio tecnico delle Ferrovie dello Stato e futuro autore della testata del Gallo, di cui egli stesso racconta:
Simone lavorava in ufficio, al tavolo da disegno. Io ero solitamente per i monti, a studiare e costruire linee elettriche ad alta tensione. Eravamo tutt’e due molto attaccati al nostro lavoro.
Quando scendevo dai monti, per rendere conto ai superiori del procedere delle cose, Simone ed io s’andava a pranzo insieme. E poi insieme a scambiarci idee e impressioni per i vicoli della vecchia Genova, bambini che ruzzavano, gatti, portali, edicole votive, panni stesi ad asciugare sullo sfondo del cielo, su in alto. Io gli passavo le mie poesie; lui le sue prime silografie. Si parlava molto di arte, e di poesia, raramente di politica, e solo di scorcio, per confermarci a vicenda quanto ci desse fastidio la retorica, sia quella trionfante, di accento fascista, sia quella che l’aveva preceduta, di tono democratico (N. Fabro, Il cristiano tra due fuochi, Vallecchi 1967, p.13).
NEL 1934, FABRO TENTA, INSIEME A SIMONASSI, DI COSTITUIRE UN GRUPPO con intenti letterari e religiosi che si concreterà intorno alla metà degli anni ’30 riunendosi nelle case dell’uno o dell’altro. Negli stessi anni si sposa e diventa padre di tre figli, PierNando, Maria e Donato. Non rinuncia comunque all’attività di studio con gli amici che ormai si incontrano regolarmente nella chiesa genovese di S. Filippo, dove dal 1939, è priore padre Giuseppe Acchiappati, antifascista anch’egli tenuto d’occhio dalla polizia politica. Intanto, la rete dei rapporti va estendendosi con la partecipazione di laici cattolici, di sacerdoti e di non credenti, che Fabro chiamerà laicisti, senza alcuna connotazione negativa.
Nel ’38, per caso, in una libreria, ci accadde di conoscere Angelo Barile. Avevamo letto di lui alcune poesie sul Frontespizio e si contava di andarlo a cercare a Albisola, ma non ci eravamo mai risolti a farlo, fors’anche per una certa ritrosia che non riuscivamo a toglierci di dosso. Fu Barile a farci conoscere Gherardo Del Colle, il cappuccino poeta che si stava preparando alla sua prima Messa nel Convento di Genova di San Bernardino; e poi a farci incontrare con Giannino Galloni e Tullio Cicciarelli, laicisti, e un loro gruppo di giovani, amanti della poesia.
Io, intanto avevo conosciuto a Nervi Giacomo Marsano, che fu poi dei primi della redazione del Gallo stampato. E, un giorno, insieme con Simone, andammo a cercare al Convento dell’Annunziata, a Genova, un minore francescano che scriveva e dipingeva. Era Nazareno Fabbretti, anche lui prossimo alla sua prima Messa.
Finalmente, negli ultimi mesi del ’39, o all’inizio del ’40, fu la volta di padre Gaggero, sacerdote di fresco, conosciuto anche lui per caso, alla chiesa di S. Filippo; e subito dopo il padre Acchiappati, allora superiore della comunità filippina di Genova (N. Fabro, Il cristiano tra due fuochi, cit., p.19).
Diversi membri del gruppo, motivati anche dalle riflessioni comuni, saranno attivi nella Resistenza e riusciranno a offrire accoglienza a ebrei e militari alleati in fuga. Lo stesso Fabro partecipa alla resistenza dove incontra comunisti, socialisti, azionisti con i quali instaura un profondo dialogo culturale, ideologico e politico che riguarda anche le prospettive del dopo. Progetta con altri un attentato alle linee elettriche del levante genovese, andato però in fumo, ma conoscerà il carcere per qualche settimana, quando il suo gruppo di resistenti è scoperto per una soffiata.
Dopo la Liberazione, il gruppo riprende le riunioni che si sposteranno presto presso i francescani di Nazareno Fabbretti e nel gennaio 1946 inizierà la pubblicazione una nuova rivista: dal titolo della testata il gruppo verrà chiamato del gallo e galli i suoi componenti. La proposta di scrivere era stata di Rinaldo Simonassi:
Cominciò con me; mi fece presente che lo scrivere, e il sottoporci alla critica, ci avrebbe aiutato a precisare meglio le idee, mentre il lavoro in comune avrebbe giovato a perseverare, in una stagione contrassegnata da entusiasmi facili e da sùbite stanchezze. La pubblicazione, appunto, avrebbe dovuto essere non più che un segno del nostro impegno comune nella ricerca, e il frutto della nostra amicizia. Una pubblicazione semplice, a tiratura limitatissima, da diffondere per moto spontaneo, senza propaganda, e ricavandoci quanto bastasse per coprire le spese. [...] E mi presentò la silografia della testata – IL GALLO – e subito per la seconda volta il gallo cantò, Marco 14, 12 - e l’architettura della pagina (N. Fabro, Il cristiano tra due fuochi, cit., p.23).
IL PRIMO NUMERO E LA SCELTA DELLA CITAZIONE, da cui il nome della rivista, sta a ricordare la necessità che ognuno senta sempre le proprie responsabilità: su tutti pesa la colpa di aver accettato o taciuto durante il periodo fascista. Questo appare il senso del primo editoriale nel quale il gruppo si impegna a contribuire perché non si ripetano gli errori del passato, in nome dei valori della partecipazione e della responsabilità.
Il primo numero pubblicato è di quattro pagine, autofinanziato e ne vengono stampate cinquecento copie. Nell’ultima pagina un avviso al lettore conferma il proposito di indipendenza e l’insicurezza che accompagna la nascita del foglio:
Non siamo appoggiati da nessuno, e nessuno ci finanzia, né sopra né sottobanco. “Il Gallo” campa delle proprie risorse e potrebbe anche morire nel giro di due stagioni. Per questo si fanno abbonamenti per sei numeri soli, al prezzo di lire novanta (Il Gallo, gen 1946).
La prima redazione è formata da tre laici, Nando Fabro, Rinaldo Simonassi e Giacomo Marsano, e da tre frati, Nazareno Fabbretti, Gherardo Del Colle e Andrea Gaggero, ma la responsabilità sarà tutta e solo dei laici e Fabro ne è di fatto il direttore senza però che il titolo compaia sulla rivista stampata.
I PRIMI ANNI DI PUBBLICAZIONE sono caratterizzati da un’ampia presenza di poesie, commenti letterari e novelle, mentre si vanno delineando anche le altre tendenze della pubblicazione più interessate all’aspetto sociale e politico, otre che religioso ed ecclesiale destinate a prevalere negli anni successivi.
Eppure, anche quell’ambizioncella ci regalò grandi e illustri amici. Oltre a Barile, conoscemmo Salvatore Quasimodo, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Piero Bargellini e Giovanni Papini che del nostro foglio fu subito, e ce lo dimostrò, un lettore puntuale e stracritico. Anche la loro poesia, la loro critica ci aiutarono a tentare di vivere la letteratura come vita, non la vita come letteratura, come ammoniva un altro amico, Carlo Bo […]. Frequentammo, e ci frequentarono, altri poeti, come Carlo Betocchi e Giovanni Cristini, e artisti come Agenore Fabbri, Giacomo Manzù, scrittori come Arrigo Bugiani. (N. Fabbretti, Il gallo, gen 1986)
Nel 1946, alla nascita del Gallo, Nando Fabro si trova bene nella sinistra sindacale. Poco a suo agio invece nella Democrazia Cristiana, di cui terrà la tessera solo per un breve periodo, lasciandola senza clamore dopo la vittoria elettorale del 18 aprile 1948.
Negli stessi anni, Fabro si lega personalmente agli uomini del rinnovamento ecclesiale e politico. In particolare a don Primo Mazzolari, al gruppo della Corsia dei Servi di Milano, sorta attorno a p. David Turoldo, e alla rivista L’Ultima di Firenze, gruppi formatisi anch’essi prima della guerra. Sono gli anni dell’approfondimento di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier, innovatori del pensiero cattolico francese, nel cui segno vengono affrontate molte tematiche. Negli anni ’50 diventa responsabile della fraternità secolare Charles de Faucauld per la Liguria e il Piemonte.
Nell’estate del 1951, la compagnia, rinnovata in gran parte (per il trasferimento per lavoro o i nuovi impegni di molti) e ampliata, approda nella casa di Katy Canevaro, in Galleria Mazzini, nel cuore di Genova, diventata sede storica del Gallo e tuttora luogo degli incontri. Una casa, presto foderata di libri e riviste, così descritta dal giornalista Roberto De Monticelli dopo un incontro con il gruppo:
Una casa silenziosa, stanze piene d’una luce d’acquario, nella quale gli occhi della Canevaro, l’unica donna del gruppo redazionale, avevano un risalto misterioso come quelli di certe figure a mosaico -uccelli, regine- delle chiese di Ravenna (R. De Monticelli, Il Giorno, Milano 20/6/1961).
ED È KATY CANEVARO, DALLA PERSONALITÀ AFFASCINANTE e ricca di intensa spiritualità, a indirizzare più marcatamente l’interesse del gruppo verso le problematiche religiose e a orientarlo verso la teologia francese. Da allora sarà il binomio Fabro Canevaro a costituire una complementarità che, nella rivista, segnerà anche una doppia attenzione: una rivolta alla spiritualità dell’uomo e l’altra al suo contesto nel mondo.
Proseguono anche i contatti personali con le redazioni delle riviste più affini per esperienza. Delle varie conoscenze viene data relazione sul Gallo, mentre, sempre più frequentemente, lungo gli anni cinquanta e nel decennio successivo, vengono pubblicate traduzioni di articoli che ampliano l’orizzonte delle idee in un servizio di puntuale informazione.
Al 1954 risalgono i nostri contatti personali al di là delle Alpi. Un uomo, poi un altro, e un gruppo, e un altro, e la redazione di una rivista e un’altra ancora. Grazie ai nostri amici francesi incontrammo passo passo belgi, svizzeri, tedeschi, austriaci, spagnoli, canadesi, olandesi, uomini dei Paesi dell’Est e del Paesi del Terzo Mondo (N. Fabro, Il cristiano tra due fuochi, cit, p.30).
Ancora nel 1951, i più del gruppo propongono che nel corso delle riunioni si prenda a leggere con una certa continuità l’Evangelo:
Dai trenta ai quaranta amici intervengono ogni mercoledì alla lettura. Uno di noi legge il passo del testo. Segue un’esposizione succinta, che preparo sui lavori di esegesi più recenti e qualificati, e che serve di avvio alla conversazione. Questa, soprattutto, risponde alle esigenze dei più.Lettura e conversazione non mirano a proporre questioni difficili, ma piuttosto a scoprire insieme che cosa dica l’Evangelo, oggi, a uno che intenda vivere da cristiano nella società attuale. Quasi sempre c’è almeno un sacerdote tra noi: entra nella conversazione, con gli altri, e la sua parola e la sua esperienza di sacerdote confluisce nelle nostre esperienze di laici (N. Fabro, Il cristiano tra due fuochi, cit, p. 28).
ALTRE RIUNIONI, ALL’INIZIO SALTUARIE, si svolgono su argomenti di interesse comune fra cattolici e laicisti per un confronto dei rispettivi punti di vista. In pensione dal 1962, Fabro può dedicare tutto il suo tempo alla rivista e a incontri in Italia e all’estero: così anche le riunioni su argomenti vari, al sabato sera, prendono un andamento più sistematico per approdare, nel 1963, ai quaderni monografici estivi, espressione perciò della collaborazione fra le due componenti del gruppo.
Resterà tuttavia sempre solo al gruppo ristretto della redazione la responsabilità dell’amicizia e del foglio stampato e il notevole carico del lavoro anche materiale connesso con la pubblicazione. Il gruppo del Gallo è per Genova una palestra di incontri e dibattiti molto frequentata, nonostante le difficoltà con la curia e i sospetti del cardinale arcivescovo Giuseppe Siri che divengono anche richiami formali alla disciplina ecclesiastica. Tuttavia l’analisi degli articoli pubblicati nel periodo non porterà alla chiusura della testata, anche se verrà richiesto alla redazione di attenersi all’istituto della revisione ecclesiastica preventiva per gli scritti che riguardano la dottrina la morale e il costume.
Qui al Gallo, d’altra parte, nessuno ha mai drammatizzato le cose [...] La richiesta veniva a mutare il ritmo e le condizioni del nostro lavoro. D’altra parte i canoni del codice sono precisi e non potevamo non rispettarli –in seguito ad una richiesta esplicita e chiara quale ci venne rivolta- se intendevamo (come ancora intendiamo) pubblicare Il gallo quali cattolici dichiarati e responsabili (N.Fabro, Il cristiano tra due fuochi, p 335).
Nessun membro della redazione è iscritto ad alcun partito: una scelta che si manterrà come impegno nel tempo, ma che, come dimostrano i contenuti e le prese di posizione della rivista, non implicherà mai il disinteresse verso le cose della politica.
[...] non sarà inutile forse confermare che tutti gli attuali quattordici componenti la Redazione sono cattolici convinti (cioè molto persuasi della esigenza primaria della presenza vivente della Scrittura e dei Sacramenti, nella vita cristiana), e che nessuno dei quattordici appartiene a nessun partito politico. Due di essi hanno appartenuto alla Democrazia Cristiana; ne sono usciti nel 1950 -senza sbattere le porte, e non per insoddisfazioni o delusioni personali- quando hanno stimato che il Partito andava sempre più distaccandosi sul terreno delle attuazioni pratiche, dai motivi ideali che parevano animarlo subito dopo la Liberazione [...] (precisazione , Il Gallo, feb. 1960).
Nel 1963 Fabro pubblica Lettere a un cappuccino, nel 1965 Dialogo alla prova, un contributo al confronto culturale e politico fra cattolici e comunisti maturato nel clima di dialogo conciliare che in qualche misura la rivista ha contribuito a preparare e nel cui spirito si riconosce. Nel 1967 pubblica Il cristiano fra due fuochi, una selezione di scritti dal Gallo arricchita di nuovi testi.
Continua la presenza nel movimento dei gruppi spontanei sorti numerosi nel periodo postconciliare, e nel gennaio e febbraio 1968 partecipa al primo e al secondo convegno di decollo dei gruppi spontanei mirato alla promozione di una nuova sinistra, ipotesi che Fabro accetta nella prospettiva di tempi lunghi. Nello stesso anno rifiuta però la candidatura senatoriale come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano che ha portato in senato esponenti di movimenti vicini al Gallo e amici dello stesso Fabro come Mario Gozzini, Raniero La Valle e Adriano Ossicini.
GLI ANNI FINO AL 1973 SONO DENSI DI INCONTRI in Italia e all’estero sempre nell’ambito di quello che allora veniva chiamato il dissenso cattolico che però Fabro frequenta sempre in posizione critica: non lo convincono gli atteggiamenti gridati né amalgame spesso equivoche fra cristianesimo e marxismo, segnate da un doppio integralismo.
Nel 1970 pubblica I cattolici e la contestazione in Italia, analisi documentata dei movimenti della contestazione cattolica dal dopoguerra al 1970, e nel 1974, raccogliendo una lunga serie di articoli apparsi sul Gallo, Volto e ventura di un’amicizia, ricostruzione dell’avventura cristiana con Cristo e, per ampi scorci, nei secoli della Chiesa fino al concilio Vaticano secondo.
Nel 1976 lascia la direzione del Gallo a Carlo Carozzo, già corresponsabile dal 1968, che diviene anche presidente dell’omonima Associazione Culturale subentrata a Fabro nella proprietà della testata. Per ragioni giuridiche il titolo del mensile si modifica in Quaderni de IL GALLO, mantenendo però l’impostazione grafica e la citazione della testata storica con il suo monito.
Ho scelto di sollecitare io stesso il passaggio, persuaso che il mutamento e la trasformazione sono un’esigenza connaturale della vita dell’uomo, dal suo aspetto biologico al suo aspetto culturale e spirituale (N. Fabro, Il Gallo, 1968)
Nel marzo del 1977, malata da oltre un decennio sempre seguita amorevolmente dagli amici, muore Katy Canevaro la cui scomparsa è annunciata nel quaderno di aprile con la tipica sobrietà della rivista in calce alla ripubblicazione di un suo articolo, ma ricordando ai lettori che rimane più che mai viva fra noi, lievito invisibile di comunione.
La presenza di Nando Fabro sulle pagine della rivista continua fino al 1983 anche se si fa progressivamente più rara come la sua partecipazione agli incontri del gruppo, mentre le forze svaniscono.
Morirà a Genova il 17 settembre 1988.
NEL CLAMORE DELLA PUBBLICISTICA ITALIANA non è facile distinguere la voce del Gallo che dal 1946 lancia in continuità di stile, anche se con intonazioni diverse, il suo richiamo sommesso e appassionato al vigile impegno nel quotidiano: un quotidiano accostato e dipanato nella complessità dei suoi aspetti e una vigilanza filtrata dall’impegno di fedeltà ai valori evangelici. Un pugno di cristiani, dunque, dietro al Gallo, ma cristiani particolari che parlano di responsabilità adulta dei laici in un’epoca che non ha ancora sentore del Concilio, che lasciano alle Gerarchie le parole ultime, riservandosi però di esplorare le risonanze delle parole penultime. Cristiani che aprono il dibattito fra le diverse anime del cattolicesimo italiano, senza paura di guardare in faccia differenze e contraddizioni. Cristiani che sanno dialogare con i marxisti senza perdere specificità e lucidità di critica in un’epoca di anatemi in cui lo schieramento dei blocchi sembra insuperabile. Cristiani, ancora, che rivendicano, di fronte alle posizioni ufficiali, la libertà di scelta politica per i cattolici d’Italia. Cristiani, infine, che sanno uscire dai confini dell’autarchia culturale per confrontarsi con i temi e le prospettive di esperienze al di là delle Alpi.
La rivista e il gruppo continuano fino a oggi, proponendosi di rimanere nel solco del cristianesimo critico, fatto di cultura, di passione religiosa e di impegno civile indicato da Fabro e dalla Canevaro e sostenuto da Carozzo con le inevitabili trasformazioni imposte dal volgere dei tempi e delle persone.
Dal 1980, in analoga prospettiva, ma con le differenze di altre persone e altri luoghi, per iniziativa di Giorgio Chiaffarino, si riunisce a Milano un gruppo attento al farsi del quotidiano e al confronto fra amici che riflettono insieme sulla Parola, sulla chiesa, sulla società intorno, politica e civile, e su tutto ciò che si agita nell’animo umano.
Dal 1992 il gruppo dà vita a un nuovo periodico, Nota-m, agile scambio di considerazioni fra gli amici, distribuito inizialmente solo per posta elettronica e ora presente anche in rete. Alcuni redattori sono presenti anche nella redazione del Gallo e dal 2010 entrambe, pur continuando su percorsi autonomi, sono dirette da Ugo Basso.