Comunità e sinodalità

di Carlo Ferraris

Una regola dell’ebraismo dispone che, per la validità delle azioni liturgiche nella sinagoga, devono partecipare almeno dieci persone, cioè un minimo simbolico che possa essere chiamato comunità.

Nella Scrittura ebraica

Non ho trovato questa regola nell’Antico Testamento, forse fa parte dei 613 precetti formatisi nel corso della tradizione. Ho trovato però molte volte la parola dieci spesso come misura quantitativa, a volte non solo numerica, di denaro o città o altri oggetti, altre volte come indicazione di un gruppo o di una comunità, dando valore simbolico a un numero, nel tipico stile biblico.
Un esempio:

Nel settimo mese venne Ismaele, figlio di Netania, figlio di Elisamà, di stirpe regale, con dieci uomini; costoro colpirono a morte Godolia, e anche i Giudei e i Caldei che erano con lui a Mispa (2Re 25, 25).

In questo passo il numero dieci indica non tanto un certo numero di persone, quanto un gruppo.
Quando Abramo chiede al Signore di risparmiare Sodoma, intendendo salvare non alcuni uomini, ma una se pur piccola comunità, conclude la supplica cosí:

Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci» (Gn 18, 32).

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Nella Scrittura cristiana
  • Nella prassi cattolica
  • Una fase di transizione
  • La sinodalità come strumento