Dalla società liquida alla società etica
di Luisa Riva
Un episodio marginale, ma sicuramente significativo, della vita di Zygmunt Bauman lo raccontò lui stesso. Per la cerimonia di conferimento di una laurea honoris causa presso l’Università di Praga gli chiesero se preferisse fosse suonato l’inno polacco, del suo paese di origine, o quello inglese, del paese che lo aveva accolto quando, nel 1968, gli era stato negato il permesso di insegnare in Polonia, messo all’indice dal Partito Comunista per la sua vicinanza ai movimenti sostenitori della fine del partito unico. Era stato privato della cittadinanza polacca, il diritto all’inno nazionale non gli competeva piú, neppure però poteva dirsi inglese.
Bauman risolse l’incertezza chiedendo l’esecuzione dell’Inno europeo.
Alludeva a un’entità che includeva i due punti di riferimento alternativi della mia identità, ma contemporaneamente annullava, come meno rilevanti o irrilevanti, le differenze tra di essi e perciò anche una possibile «scissione di identità» (Intervista sull’identità, Laterza 2003).
Anche per le sue vicende personali, Bauman ha nel tempo approfondito il tema dell’identità che oggi è cosí presente nel nostro mondo globalizzato e in un’Europa che appare sempre piú incerta rispetto a se stessa, ai suoi valori e al suo futuro.
Nei giorni della scomparsa (9 gennaio 2017) del grande sociologo, sicuramente il piú noto anche al grande pubblico, si è molto citata l’espressione «società liquida» con la quale spesso, persino in modo riduttivo, si è identificato il suo pensiero. Modernità liquida, Laterza 2002, è il testo nel quale Bauman ha affrontato una profonda analisi del concetto di modernità e della società, della sua trasformazione dalla prima fase impegnata nel consolidamento delle strutture sociali alla luce del progresso, per costruire una società piú stabile e duratura, alla nostra fase di modernità in cui tale modello entra in crisi. Permane la spinta alla modernizzazione, ma essa assume caratteri che l’autore definisce appunto liquidi, in quanto perdono la loro forza di coesione.
Tutti gli aspetti della vita sociale ne sono toccati: il lavoro, la comunità, l’individuo e le sue relazioni, l’idea stessa di libertà. Due fattori principali caratterizzano il contesto fluido del presente, a differenza di quello solido precedente, la fine dell’idea di progresso e i processi di privatizzazione e deregolamentazione dello stato che mettono fine al progetto moderno di individuo-cittadino. Il consumismo attuale si differenzia da quello nato da un originario rapporto bisogno/mancanza; nella modernità liquida esso si caratterizza come ricerca costante di appagamento dei desideri, si connota dunque come ricerca continua di una autosoddisfazione che non trova mai un approdo. L’individuo è sempre piú solo: paradossalmente però la debolezza dei legami sociali ha ridato spazio all’affermazione dell’idea comunitarista a cui ci si rivolge per creare legami di nuova solidarietà, capaci di compensare la crescente insicurezza in cui l’individuo vive. Nelle sue analisi trova spazio una crescente attenzione alla perdita del senso del pubblico, al deteriorarsi del senso di cittadinanza e di responsabilità civile, fenomeni che coincidono con una perdita di significato dell’azione politica e la sua spettacolarizzazione che mettono a rischio la democrazia. Democrazia che ha come unica garanzia della sua vitalità e delle sue capacità di rinnovamento
l’incessante autocontrollo, l’eterna scontentezza di sé, il continuo sospetto che si potesse fare di piú di quanto si è fatto per soddisfare i valori che conferiscono significato agli sforzi (Il disagio della postmodernità, Mondadori 2002).
L’interesse della analisi di Bauman non è solo per aver descritto la società contemporanea secondo parametri che non potranno piú essere accantonati, ma anche di avere sollecitato a porsi domande ineludibili per superare la crisi indotta dalla globalizzazione non adeguatamente regolata.
Bauman evidenzia che i dati in nostro possesso ci dicono che la storia non va nella direzione di una società giusta e che i tentativi di costringerla in quella direzione spesso non fanno che aggiungere nuove ingiustizie a quelle che si volevano eliminare. La società giusta non è uno stato definitivo, ma un orizzonte, essa si manifesta nella continua lotta alle ingiustizie in un movimento non rettilineo. «La giustizia è semplicemente un inestinguibile desiderio di una giustizia ancora maggiore» (Il disagio della postmodernità, cit.).
Una profonda sensibilità etica lo spingerà a evidenziare come alla perdita di responsabilità pubblica corrisponda l’esclusione sempre piú marcata nelle nostre società che produce rifiuti e scarti umani. Bauman però ci ricorda che, nonostante l’apparente irreversibilità dei processi economici in atto, tutti gli ordini sociali sono provvisori e revocabili e non dobbiamo dimenticare le «ancora occulte possibilità umane».
L’ultimo suo testo, che in Italia uscirà in settembre, si intitola Retrotopia, allude cioè al contrario dell’utopia, lo sguardo si rivolge al passato nell’illusione di trovare in esso le soluzioni: il rafforzamento delle frontiere, l’affidarsi all’uomo forte, il ritorno dell’inuguaglianza sembrano le strade da percorrere per superare le incertezze dell’oggi. Ma per Bauman il compito della sociologia è ricordare che tutte le società devono sempre porsi delle domande, solo cosí si può sperare di trovare risposte ai problemi dai quali ci sentiamo assillati e ci ricorda che
l’etica ha solo se stessa a proprio sostegno: è meglio prendersi cura di qualcuno che lavarsene le mani, essere solidali con l’infelicità dell’altro piuttosto che esservi indifferenti, e, in ultima istanza, è meglio essere morali, anche se questo non rende piú ricchi gli individui, né le imprese. È la decisione (dalla storia lunga e gloriosa) di assumersi le proprie responsabilità, la decisione di misurare la qualità di una società in relazione alla qualità dei suoi standard morali, ciò che oggi è piú importante che mai sostenere (La società individualizzata, Il Mulino 2002).