Dentro il “Cantico dei cantici”

di Ugo Basso

Che egli mi baci con i baci della sua bocca!
Sí, le tue tenerezze sono piú dolci del vino,
migliori dell’aroma dei tuoi profumi!
Olio versato è il tuo nome,
per questo le ragazze si innamorano di te.
Attirami a te, corriamo! (1, 2-4).

È l’apertura del Cantico dei cantici, in ebraico Scir ascirím, il cantico per eccellenza, che non sentiamo dal pulpito, ma sta nel canone biblico sia ebraico sia cristiano, dunque confessata parola di Dio.

Accolto nel canone

Secondo rabbi Aqivà (50-135 dC), considerato il piú grande maestro in Israele dopo Mosè, trucidato durante una campagna antigiudaica dell’imperatore Adriano, e grande sostenitore dell’inserimento nel canone,

il mondo intero non è tanto prezioso quanto il giorno in cui fu dato a Israele il Cantico dei cantici, perché tutte le Scritture sono sante, ma il Cantico dei cantici è santissimo.

Dunque un testo, noto piú che frequentato – tutti ne conoscono il titolo e sanno di che cosa parla, pochissimi lo hanno letto –, che sollecita la nostra attenzione e ci chiediamo che cosa possa significare oggi per noi questo sorprendente suggestivo libretto di soli 117 versetti e 1250 parole. Un poema di difficile lettura, squisito canto d’amore senza reticenze, su cui gli studiosi faticano a trovare intese sia nell’interpretazione complessiva, sia sui singoli versetti. Il Cantico è presente nella liturgia della pasqua ebraica, Pesach, come canto di gioia e di rinascita, canto di ricerca e di cammino fino alla terra promessa che qui qualcuno deterritorializza per rimaterializzarla nel corpo dell’amato. Per millenni studiosi ebraici come esegeti cristiani hanno giustificato l’inserimento nel canone  entrambe le religioni, dandone una lettura allegorica.
Paolo De Benedetti, uno dei maggiori studiosi contemporanei della Bibbia al quale in molti siamo debitori, ritiene che alla luce degli studi contemporanei, occorra ricominciare da capo la lettura e la comprensione del Cantico: quasi la Bibbia potesse darci qualcosa di nuovo dopo oltre duemila anni dalla chiusura del canone e conclude cosí il suo saggio Per una lettura del Cantico dei cantici (Humanitas, LII 7, 1997):

Non ringrazieremo mai abbastanza lo Spirito Santo – sia ebrei che cristiani – per aver fatto posto nella Parola di Dio alla celebrazione dell’amore, dell’eros. Ma per molti secoli non siamo stati capaci di coglierlo completamente, e lo abbiamo avvolto nei veli dell’allegoria: oggi è quasi una seconda rivelazione quella che ci consente di unirci a questi due giovani e di goderne con loro.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Difficoltà interpretative
  • Lei e lui
  • Bellezza da contemplare
  • Canto d’amore
  • Oltre la concezione patriarcale
  • La Scrittura al femminile