2022 aprile

Nell’editoriale di marzo abbiamo esaminato le potenzialità della speranza: dopo settimane di una guerra sconvolgente con i morti che tolgono serenità alle nostre tavole e con il terrore di un’estensione che ci coinvolga direttamente, proseguiamo accennando all’utopia, al suo valore esistenziale e sociale. L’utopia come anelito, stimolo al miglioramento, forza propulsiva e superamento di un presente oscuro. Luogo piú che non luogo che si può costruire e ricostruire, non sogno impossibile, ma concretezza resa possibile dal pensiero e dall’agire.
Il disarmo mondiale, la fine delle guerre, la perfetta uguaglianza sociale tra gli esseri umani, donne e uomini, le cure e l’istruzione per tutti, la libertà di migrare, la fraternità universale, la tutela della biodiversità, l’integrità cosmica e tanti altri auspici non sono sogni di idealisti. I fatti ci pongono dinanzi a una realtà di rapporti di potere e di forza che sembrano negare ogni possibilità di cambiamento e ci interroghiamo sui processi di globalizzazione dell’economia e della comunicazione che investono inarrestabilmente le nostre società spesso provocando nuove forme di esclusione, scarti, come li chiama papa Francesco o guerre in armi. Eppure il rinnovamento dell’utopia democratica si rende indispensabile, non piú modello astratto, ma frutto di una sapiente progettazione, dotata di una logica interna anche piú rigorosa di quella della realtà comune, rispetto alla quale può risultare addirittura piú vera e persuasiva.

Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito).

Viviamo in un’epoca in cui il pensiero politico è appiattito sul presente (immediato), in uno pseudo-pragmatismo; prevale un realismo cieco che guarda il mondo e la vita come soggette a deterministiche leggi naturali immutabili.
L’utopia ha un’importante funzione critica del sistema sociale esistente: generatrice di speranza in una società migliore, raccorda il passato con il futuro, cogliendo le potenzialità insite nel presente, animando la passione per il non ancora, rendendo adesso la vita piú degna nel quotidiano impegno di ricerca appassionata. Come suonano queste parole sotto i bombardamenti?
Eppure utopia e realismo non sono inconciliabili. Per costruire società piú umane e civili occorre perseguire processi possibili che vadano verso il rispetto di ogni forma di vita. Non esiste utopia che non contenga anche elementi realistici, né realismo che non contenga anche elementi utopici. Tra di esse vi è una tensione vitale. È quanto cerca di fare la migliore tradizione del costituzionalismo liberal-democratico. Quando il primo problema è la sopravvivenza, quando il pensiero ha poco spazio è ancora l’utopia della pace che aiuta a reggere.
La risurrezione del Cristo, che in questo mese celebriamo, sospinge oltre le precarie, drammatiche, condizioni attuali e indica il cammino verso un mondo nuovo: un cammino percorribile verso una rinascita dell’umano con la fatica della responsabilità e come sostegno alla disperazione di chi vive senza piú fiato. Non smettiamo di crederci.

i Galli