editoriale di maggio
«La ricchezza dell’Europa – ricorda Francesco in occasione dei settant’anni dei patti fondativi dell’Unione europea – è sempre stata la sua apertura spirituale e la capacità di porsi domande fondamentali sul senso dell’esistenza. […] L’Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo che merita di essere riproposto con passione e rinnovata freschezza e che è il miglior rimedio contro il vuoto di valori del nostro tempo, fertile terreno per ogni forma di estremismo» e per la «cultura dell’indifferenza», veleno per i sogni e per l’impegno. Per chi si sente cittadino responsabile e vuole pensare a quale società lasciare ai figli non è difficile riconoscere i tanti vantaggi, primo fra tutti i settant’anni di pace, ottenuti grazie alla partecipazione dell’Italia all’Unione europea. Sogniamo Europa senza nasconderci i problemi, le difficoltà, gli errori commessi, fra i quali certamente la faticosa elaborazione dell’immigrazione: ma non si è fatto di meglio perché nelle istituzioni comunitarie sullo spirito europeo prevalgono ancora le politiche nazionalistiche e gli interessi nazionali. Il Consiglio dei ministri, espressione dei singoli stati, conta molto di piú della Commissione e del Parlamento europei, espressione di una cultura sovranazionale: le decisioni comunitarie devono essere ratificate dai singoli stati membri.
Chiediamoci quanto l’orientamento negativo verso l’Unione, diffuso non solo in Italia, sia deliberatamente indotto dalle forze economiche e politiche contrarie all’Unione per la salvaguardia degli interessi propri. L’Europa ha tuttora un ruolo economico e politico, ancor meglio culturale, non gradito ai grandi imperi che si valgono di alleati interni ai singoli stati, Italia compresa, per una politica tesa a dissolvere il tessuto europeo e le istituzioni che lo sostengono. Un indebolimento dell’Unione europea favorisce le mire espansionistiche delle potenze ansiose di spartirsi il mondo: vengono sollecitati individualismi e visioni parziali, offrendo agli elettori un capro a cui addebitare frustrazioni, delusioni, difficoltà e promettendo all’immediato vantaggi, reali o simulati, che ridurranno i paesi membri a province impoverite e impotenti.
Le origini della moderna idea di federazione europea sono nel Manifesto di Ventotene, un testo del tutto laico, anche polemico con la chiesa pacelliana del tempo, redatto nel 1941 durante la detenzione al confino, da Altiero Spinelli e altri. Ma è connaturale allo spirito cristiano pensare oltre i confini, che nel concreto della politica significa immaginare organismi sovranazionali, dal racconto di Noè che rifonda l’umanità intera, fino all’«Attirerò tutti a me» (Giovanni 12, 32) di Cristo e oggi le chiese cristiane sostengono l’Unione come strumento di solidarietà internazionale necessaria per la pace.
Occorre un cambiamento di mentalità per laici e credenti: un cambiamento individuale e collettivo che nel linguaggio cristiano si definisce conversione. Le soluzioni politiche possono essere varie, ma per un cristiano è irrinunciabile anteporre l’utile collettivo a quello individuale. Possiamo aggiungere che la ricerca comune del giusto darà anche all’individuo una società piú vivibile, piú cordiale, piú solidale. «Non è vera lettura della Bibbia – scrive Carlo Maria Martini, biblista e per vent’anni arcivescovo di Milano – quella che non cambia in qualche modo il cuore e la mente, che lascia l’uomo cosí come è, che non lo scuote». E non dimentichiamo che la nostra costituzione all’art 2 definisce la solidarietà «dovere inderogabile».