2016 ottobre

Argomento:
CONSULTAZIONI ELETTORALI E DEMOCRAZIA

Importanti consultazioni elettorali hanno catturato l’attenzione politica di questi mesi e altre sono alle porte: primarie, istituzionali, referendarie. La sensazione diffusa non è di confronti vivaci che però nei risultati esprimono una volontà accolta come espressione di democrazia. Campagne giocate sull’emotività, sulle paure, su promesse senza fondamento catturano voti di elettori preoccupati e spaventati ai quali non sono stati forniti strumenti di analisi e di progettazione, elettori spesso poco convinti e, dopo i risultati, preoccupati anche delle conseguenze del successo del proprio voto di cui non erano stati informati.

Lasciamo ai politologi l’esame del rapporto tra democrazia e consultazioni elettorali e poniamoci qualche domanda: siamo alla fine del modello di democrazia rappresentativa che ha nella consultazione elettorale il suo momento piú alto? Le consultazioni popolari hanno definitivamente perduto autorevolezza? Non è piú accettabile la bandiera delle nostre democrazie one man one vote? Le consultazioni in rete riportano il potere nelle mani dei pochi che ne hanno il controllo o mettono nei popoli strumenti inespugnabili di libertà? Appartiene a un irrecuperabile passato accantonare interessi e capricci individuali per cercare, anche nell’alternanza, soluzioni politiche?

I risultati sconcertanti a cui talvolta assistiamo, la pericolosa disaffezione alla politica, la rinuncia spontanea e spesso irritata al diritto di voto –  che dovrebbe anche essere sentito come dovere -  segnano la grave turbolenza di cui stiamo dicendo e di cui indichiamo alcune cause.

  • Campagne elettorali concentrate sulle persone piuttosto che sui programmi per chiedere una delega e non l’impegno su un progetto.
  • Scollamento fra i programmi, gli annunci e le realizzazioni. Scarso impegno nel convincere che gli interessi collettivi, reali, devono prevalere su quelli individuali e di gruppi (lobbies).
  • Scarsa attenzione alle urgenze della gente: l’attività politica è dedicata alla rielezione piuttosto che alle necessità delle persone.
  • Debole e inefficace azione contro la corruzione dominante nella grande criminalità come nella politica.
  • Compensi fuori misura per manager pubblici spesso nominati per il peso nel partito piuttosto che per competenze.
  • Pretesa delle maggioranze – che spesso maggioranza non sono per niente, visto che i votanti raggiungono appena la metà degli aventi diritto – di prendersi tutto, the winner takes all, attraverso lo spoil system (mettere propri uomini in tutti i posti di potere) e il controllo dell’informazione, senza tenere conto delle opposizioni che potrebbero essere numericamente maggioranza e che comunque sono cittadini sovrani.
  • Porre richieste – per i referendum – di fatto incomprensibili e con conseguenze poco prefigurabili per l’elettore medio che sarà quindi indotto a votare solo per simpatia – o rifiuto – di chi pone i quesiti.

Prendere realisticamente atto di queste sofferenze, certamente preoccupanti, non deve, ci pare, indurre a scoraggiamenti, ma, al contrario, a rafforzare le responsabilità e la partecipazione con gli strumenti di cui disponiamo, a partire da quello elettorale, nel sostegno a quanti, credenti e non credenti, operano con passione politica, determinazione e competenza a far prevalere l’interesse comune, liberi da corruzione, presunzione, pretese di potere. Ci auguriamo che a ciascuno venga in mente almeno qualche nome.