2023 ottobre

Alla ripresa dell’anno scolastico, con i consueti problemi organizzativi dovuti ai ritardi nelle nomine degli insegnanti e all’assottigliarsi delle risorse, si pone la questione dell’efficienza formativa del nostro sistema scolastico. I risultati delle prove Invalsi (acronimo di Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) introdotte nel 2007 dal secondo governo Prodi, diffusi alla fine dell’anno scorso sono sconfortanti, perfino nella difficoltà di comprensione di un testo, ma i nostri governanti non sembrano turbati dal livello culturale medio in Italia fra i piú bassi in Europa, e continuano a non investire seriamente nella formazione.
Una prima spiegazione, forse troppo frettolosa e superficiale, limita alla crescente improvvisazione della classe politica la trascuratezza e il disinteresse per la formazione e la cultura, la cui responsabilità viceversa deve essere ampiamente attribuita alla società civile nel suo complesso: dallo scarso interesse alla lettura, dalla predilezione delle trasmissioni di intrattenimento, alla ricerca per i figli di risultati scolastici privi di contenuti.
Non si dissolve il sospetto che proprio un preciso disegno politico sia alla base dello scarso interesse e riduzione delle risorse per scuole, università e ricerca: favorire la crescita del grado di istruzione della popolazione implica un progressivo aumento della consapevolezza e capacità di giudizio, rendendola piú prudente nei consumi e meno malleabile dalla propaganda politica. Se il cardinale Carlo Carafa (nipote di papa Paolo IV e legato pontificio presso il re di Francia Enrico II) pronunciò senza ritegno il celebre: «Vulgus vult decipi, ergo decipiatur» («Il popolo vuole essere ingannato, quindi lo sia»), i nostri politici – di ogni colore – non si spingono a dichiararlo apertamente, ma sembrano condividerne la sostanza, mettendolo in pratica spesso, anche attraverso una sospetta manomissione delle parole fino alle notizie totalmente false.
Il nuovo umanesimo dovrebbe fondarsi sulla formazione e sulla cultura, quindi sul senso critico, sulla capacità di giudizio autonomo: proclamare con forza la volontà di combattere la tratta di esseri umani alla base dell’immigrazione irregolare, nasconde spesso una xenofobia di fondo che invece traspare chiaramente dai riferimenti alla sostituzione razziale; dichiarare l’intento di eliminare la piaga dell’evasione fiscale serve a mascherare una sostanziale compiacenza verso gli evasori, in larga prevalenza appartenenti ai ceti sociali piú elevati. Gli esponenti del governo, che edulcorano con pace fiscale o denunciano, con linguaggio mafioso, il pizzo di stato: tendono a presentare i cittadini come vittime di un fisco famelico, fino all’esternazione di un ministro a cui è sfuggito: «Nessuna persona onesta può pagare tutte le tasse», poiché chi non paga tutte le tasse non può assolutamente essere definito onesto…
Nonostante le molte e ripetute dichiarazioni di adesione alla fede cristiana – abbiamo sentito dichiarare l’impegno di difendere Dio! –, questi politici frequentano forse cardinali, ma poco la Scrittura, almeno: «Il vostro dire sia sí, sí; no, no: il di piú viene dal maligno» (Mt 5, 37).

i Galli