Essere persone nell’era degli algoritmi

di Dario Beruto

La parola algoritmo ha origini lontane, viene dal latino medievale algorithmus, o algorismus, che a sua volta rimanda al nome di un matematico arabo del IX secolo, e, proprio nel medioevo, indicava i procedimenti di calcolo numerico fondati sull’uso delle cifre arabe. Oggi si può definire algoritmo «una procedura composta da una serie di istruzioni atte a risolvere un problema o l’esecuzione di un compito», un po’ come il foglietto di istruzioni per il montaggio di un oggetto fai da te acquistato all’Ikea.

Algoritmi e computer

Le cose però si complicano quando si passa a considerare un computer e il mondo della rete, perché qui i vari algoritmi usati – dalle sequenze di equazioni, agli elementi di calcolo delle probabilità –, «pur rimanendo una lista di istruzioni da seguire passo passo, vengono concepiti come oggetti di natura logico-matematica», da tradurre in un codice comprensibile dal computer per le successive elaborazioni.
Saranno poi gli algoritmi a far funzionare il computer, a permettergli di elaborare i dati provenienti dal mondo esterno e reale, di processarli secondo le loro istruzioni logico-matematiche, calcolo dopo calcolo, fino a produrre il risultato finale desiderato.
Hannah Fry, matematica inglese e conduttrice di programmi televisivi di divulgazione scientifica, nel suo libro, Hello world. Essere umani nell’era delle macchine1, parla di come funzionano i meccanismi dei programmi informatici che ci hanno invaso e considera come alla base delle schede logiche dei computer, ossia degli algoritmi, di cui è esperta, ci siano paradigmi che ormai si sono insinuati nella nostra vita, dalla sfera personale e privata, a quella pubblica, dalla medicina alla giustizia, dall’arte alle attività commerciali.
Ogni settore di applicazione ha le sue specificità e le sue tematiche, tuttavia, per le loro caratteristiche generali tutti gli algoritmi si possono ricondurre a due classi: algoritmi basati su regole e algoritmi basati sull’apprendimento automatico.
Fa riflettere come i paradigmi di programmazione informatica siano cosí versatili da potersi applicare a settori eterogenei dell’esperienza umana, indice di per sé del potere che questi oggetti hanno di diffondersi nelle trame e nelle pieghe della visione del mondo via via acquisita dall’uomo del XXI secolo. Ritengo perciò cosa saggia diventare consapevoli di questo potere, sia per cogliere il valore innovativo e creativo delle tecnologie contemporanee, sia per approfondire la loro conoscenza e capirne la vulnerabilità, di fronte a chi vorrebbe utilizzarle per distruggere la ricerca di armonia tra gli esseri viventi, tra loro e con l’ambiente.
Un pericolo messo in evidenza da Stefano Rodotà2, che nel suo libro, Il mondo della rete: quali i diritti, quali i vincoli3, fornisce una lucida analisi dei possibili rischi per la nostra democrazia e la nostra costituzione, se il piú grande spazio pubblico mai conosciuto dall’umanità procedesse senza tener conto dei diritti e delle prerogative delle persone che lo utilizzano.

 Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Algoritmi basati su regole
  • Algoritmi di apprendimento automatico
  • Cercatori di trame
  • La metafora delle machine Learning

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1 Bollati Boringhieri 2019; di questo testo sono le citazioni virgolettate fin qui riportate.
2 Giurista e politico italiano (1933-2017), è stato dal 1992 al 1997 componente del Gruppo di Consiglieri sulle Implicazioni Etiche delle Biotecnologie, nonché del Gruppo Europeo per l’Etica delle Scienze e delle Nuove Tecnologie; dal 1997 al 2005 primo Garante per la protezione dei dati personali, mentre dal 2000 al 2004 ha presieduto il Gruppo Europeo sulla Protezione dei Dati e nel 2007 la commissione scientifica dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali.
3 Laterza 2014.