I promessi sposi: un classico per noi – 1
di Davide Puccini
I promessi sposi hanno avuto la sorte di essere imposti come lettura obbligatoria a generazioni e generazioni di studenti, ormai da circa un secolo e mezzo, a partire dall’Unità d’Italia o poco dopo; eppure, nonostante questo tour de force che metterebbe a dura prova qualunque testo, condannandolo alla consunzione e rendendo ottusa per eccesso di uso la sua espressività, conserva una freschezza e un’attrattiva maggiore di tanti romanzi appena stampati. Certo, questo è l’effetto che in qualche misura fanno tutti i grandi classici, che sono classici proprio per questo, perché continuano a parlare agli uomini di ogni tempo, ma per Alessandro Manzoni (1785-1873) il discorso vale in modo particolare: il merito va ascritto alla sua modernità, prima di tutto alla modernità linguistica, dovuta in parte a ragioni storiche indipendenti dalla sua volontà, ma anche alla sua instancabile lotta, un vero e proprio corpo a corpo, con la lingua. Per rendersene conto basta fare un piccolo esperimento: si legga qualche pagina di un altro grande romanzo dell’Ottocento, Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, e si confronti con I promessi sposi: sebbene le Confessioni siano posteriori di quasi un ventennio, la loro lingua ci appare molto piú antica e decisamente invecchiata. È vero che l’autore, morto trentenne per mare mentre tornava dalla Sicilia dopo la vittoriosa spedizione dei Mille, non ha avuto il tempo di rivedere la sua opera, ma è proprio una condizione comune a tutti gli scrittori di questo periodo, anche della seconda metà del secolo, di risultare decisamente antiquati dal punto di vista linguistico rispetto al Manzoni.
Il romanzo storico
Per una riflessione sui vari aspetti dei Promessi sposi che li rendono cosí moderni è bene partire dall’inizio, dal genere o sottogenere a cui il romanzo appartiene. Tutti sanno che I promessi sposi sono un romanzo storico, il cui sottotitolo recita «Storia milanese del secolo XVII», ma cosa vuol dire esattamente? Il romanzo storico, inaugurato con grande successo da Walter Scott (1771-1832, il maggiore autore inglese di romanzi storici, fra cui Ivanhoe), si definisce un componimento misto di storia e di invenzione. È facile comprendere che i fatti inventati, a contatto con quelli realmente accaduti, acquistano una maggiore verosimiglianza, soprattutto se la loro ambientazione storica è, come nel caso del Manzoni, accurata fin nei minimi particolari; meno facile è capire che i fatti storici, nel meccanismo narrativo, funzionano esattamente come se fossero inventati. Come è noto gli episodi storici piú importanti dei Promessi sposi sono i tumulti di Milano per il pane e la peste: i primi servono a complicare l’intreccio allontanando i protagonisti, perché Renzo si mette nei guai con la legge ed è costretto a fuggire, mentre la seconda è decisiva per lo scioglimento dell’intreccio e il lieto fine. Insomma, se la peste non fosse esistita, andava inventata. Il fatto è che gli episodi storici funzionano come se fossero inventati perché è scelta dall’autore la posizione che essi occupano nella trama in relazione a quelli inventati con i quali interagiscono.
Ma, si dirà, come può un romanzo storico essere moderno? Sembra una contraddizione in termini. Intanto si tenga presente che, per i lettori del Manzoni, era evidente il riferimento all’attualità: il dominio spagnolo sulla Lombardia del Seicento diventa facilmente omologo di quello austriaco dell’Ottocento, e lo scrittore si era già servito di questa analogia per l’Adelchi, dove il regno longobardo abbattuto dall’esercito dei Franchi di Carlo, da cui gli italiani speravano invano la libertà, era un trasparente correlativo degli Austriaci cacciati da Napoleone. E poi siamo proprio sicuri che la modernità risieda nell’essere aggiornati e parlare delle cose piú recenti? Ciò che è solo superficialmente moderno è destinato a invecchiare alla svelta: rimane invece moderno per sempre ciò che riesce a cogliere l’essenza profonda dell’uomo, vincendo, come dice l’autore all’inizio della sua Introduzione, la guerra contro il Tempo.
Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:
- Le tre redazioni del romanzo e la lingua
- La concezione religiosa
- L’interiorità della coscienza