Il cielo buio della notte
di Dario Beruto
Gli astronauti, viaggiatori dello spazio, che a bordo delle loro navicelle hanno attraversato il buio profondo dei cieli, riferiscono di aver provato stati d’animo di paura e sgomento. Come mai il cielo è cosí buio? Alla domanda, sino agli anni venti del secolo scorso, non era stata data risposta. La domanda, apparentemente semplice, era stata posta dal medico e astronomo amatoriale tedesco Wilhelm Olbers nel 1826 e apriva a uno scenario troppo complesso per sperare in una risposta da parte della cosmologia dei lumi, che credeva in un universo infinito, statico e immutabile nel tempo.
La questione era intrigante e poneva un paradosso: se l’universo è infinito e immutabile nel tempo, anche il numero di stelle dovrebbe essere infinito, ma allora come mai la luce delle stelle non offusca quella del sole e il cielo è buio?
Ci sono voluti almeno cento anni di incubazione prima di arrivare a rispondere alla domanda attraverso il lavoro di tre geniali scienziati: Albert Einstein (1879-1955), forse il piú famoso tra i fisici, tedesco di nascita, ma naturalizzato svizzero e poi americano; Edwin Hubble (1889-1953), astronomo e astrofisico statunitense; e Georges Lemaître (1894-1966), fisico, astronomo e prete belga.
I loro studi hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione per le convinzioni radicate nella mentalità del tempo sia comune sia scientifica.
Dalle personali letture dedicate a questi scienziati traggo alcuni spunti utili per le note che seguono, mentre suggerisco di approfondirne la loro conoscenza anche sfruttando le risorse della rete.
Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:
- L’universo ha una storia
- La luce non fa in tempo ad arrivare
- Le carte di Dio
- Verso la luce