Il lievito buono

di Dario Beruto

Il lievito, oltre a produrre effetti di fermentazione là dove viene utilizzato, ad esempio nella panificazione o nella produzione della birra, è anche una parola inseribile con senso figurato nel parlare comune, per indicare una causa di eccitazione, di agitazione, di fermento, appunto, nonché per definire quanto serve ad alimentare il diffondersi di uno stato d’animo o di una idea.
Il lievito diventa, quindi, una propensione individuale e/o collettiva di valore sociale e culturale in azione nei momenti di crisi o, comunque, di rinnovamento; non si tratta di un evento in sé, ma di ciò che lo determina, che si pone come catalizzatore per accelerare processi che, altrimenti, si compirebbero piú lentamente. Un catalizzatore che è convergenza di sentimenti, ideali, esperienze e risorse, che concorre al prorompere di una coscienza identitaria in cui riconoscere la propria umanità.
Esistono, però, varie tipologie di lievito, nella fermentazione alimentare come in quella in azione nella storia, perciò occorre andare alla scoperta del lievito buono messo a titolo di questa nota. Cosí, con gli strumenti della mia formazione scientifica, tenterò di leggere in filigrana la storia del lievito per evidenziare quegli aspetti metaforici che mi consentono di avviare alcune riflessioni sul nostro vivere quotidiano e sull’impegno di chi non smette di cercare il lievito con segno positivo.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • I raccoglitori diventano agricoltori
  • Una trasformazione quasi magica
  • Non solo il caso
  • Scienza, non magia!
  • C’è lievito e lievito
  • La metafora del discernimento