Immigrazione: una questione del nostro tempo

Abbiamo ripreso nell’incontro annuale di studio, riflessione e confronto organizzato nell’Oltrepò pavese (3 giugno 2018) il tema delle migrazioni interrogandoci sulle ragioni storiche e umane, psicologiche e economiche del fenomeno che ha fatto del Mediterraneo un cimitero da cui è difficile ritenersi assolti. Le migrazioni, le necessità, e i desideri, di spostarsi non sono circoscrivibili a una drammatica emergenza divenuta occasione di speculazioni elettorali: sono nell’uomo e, in forme diverse, hanno segnato i secoli della storia. Proviamo a considerare il complesso fenomeno delle migrazioni con gli occhi dei migranti e scopriamo quanto ci insegni su noi stessi: non solo verificando le nostre reazioni, la nostra generosità e capacità di tolleranza, ma proprio sul nostro intimo.
Non sfugge a nessuno come i migranti continuino a essere pesantemente oggetto di una martellante campagna che li demonizza causa dei mali del paese. Questa campagna ha assicurato ai partiti che la promuovono un consistente incremento di voti, mentre chi cerca di considerare il problema con ragionevolezza e umanità per lo piú si limita ad atteggiamenti emozionali e di tamponamento di situazioni drammatiche, senza riuscire a elaborare progetti di respiro che tutelino sia i migranti, sia i residenti. La diffusione mediatica di fatti di cronaca di cui sono protagonisti negativi cittadini non italiani o di colore e l’approvazione di norme restrittive, incapaci peraltro di risolvere problemi, peggiorano le condizioni dei migranti e rendono piú difficile la convivenza. Dopo un anno in cui tutto questo si è aggravato proponiamo ai lettori la nostra articolata riflessione come denuncia e occasione di riflessione.

SINTESI DEGLI INTERVENTI

Abbiamo scelto di iniziare con la sintesi degli interventi curata da Margherita Zanol per offrire una panoramica degli aspetti trattati.

1. Aldo Badini, Una storia di ieri e di oggi, ha inquadrato nella storia il fenomeno di oggi: Europa, da terra di emigranti (70 milioni nell’Ottocento) ad approdo per molti, che vivono oggi, soprattutto in Africa, alcuni dei nostri problemi di allora, l’aumento demografico tra questi. Utile una valutazione storica sulla gestione del fenomeno migratorio in Europa nei secoli III-V. Le cosiddette da noi «invasioni barbariche» non erano state valutate né correttamente gestite nemmeno in tempi in cui il potere, assoluto, non aveva obblighi verso i suoi sudditi. Sottovalutazione dei fenomeni, in numero, nell’impianto sociale, nelle reazioni hanno fatto sí che, allora, il fenomeno non sia stato indolore. Rischiamo questo anche oggi?

2. Patrizia Grimaldi e Romano Bionda, La proposta politica, hanno fornito un utile excursus sulle norme e le leggi: dall’art 10 della Costituzione alla riforma Minniti del 2017, passando attraverso l’accordo di Schengen (1983), la legge Bossi-Fini (2002), la Convenzione di Dublino (2013). Leggi e accordi firmati dall’Italia, alcuni senza profonda cognizione di causa, altri in tempi, come sottolineato dagli stessi autori, molto diversi dagli attuali. Colpisce che c’è sempre una giusta attenzione per il rifugiato, tutelato a ragione da convenzioni internazionali, mentre il cosiddetto migrante economico è visto come una minaccia. Nessuna possibilità per lui, da parte della Nonna Opulenta del mondo? Tra gli Italiani, l’80% è contrario all’accoglienza. Di questi, il 36% è contrario a ogni accoglienza; il 46% disposto ad accogliere solo i profughi. E i cristiani come si devono comportare? Mt 25: «… ero forestiero e mi avete ospitato nella vostra casa…» è il versetto che papa Francesco ci presenta come riferimento.

3. Luisa Riva, Identità e rapporto con l’altro, si chiede: chi è lo straniero? Chi sono io? È possibile vivere in modo dialettico i due elementi? Questo tema apre un confronto «noi-loro» che non riguarda solo l’altro, ma anche le parti nota e altra di ciascuno. Lo straniero concretizza le nostre alterità ed esige il ricorso a una appartenenza. Da qui il grande bisogno di identità. Ci è stato detto che l’ospitalità, arte di abitare insieme, è un diritto umano, non giuridico. E che il dopo-Babele non impedisce la comunicazione. Può perfino arricchirla, introducendo nel dialogo elementi nuovi di ciascuna parte, grazie all’ospitalità linguistica, applicata dalle traduzioni, che forniscono ricchezza al dialogo. Tre le parole chiave menzionate: Frontiere, che non hanno mai impedito alle idee di propagarsi, Identità collettiva che è dinamica. Si forma e modifica nel percorso di ciascuno. Fusione di orizzonti: non preoccupiamoci di fonderli ma di farli coesistere. Segnalata la lettera alle Comunità cristiane, nel 25mo anno del documento «Ero straniero». Segnalata l’esistenza del motto europeo (quanti lo sapevano?): «Uniti nella diversità».

Molte altre osservazioni sono emerse dallo scambio: oggi è indispensabile ragionare su quello che si può fare. L’attuale situazione politica allontana in Italia l’ipotesi dei corridoi umanitari, sensata, ma non condivisa dalla maggioranza degli elettori e comunque difficile da applicare completamente, per le criticità di un processo di inserimento. Che cosa può fare chi sente la necessità di un piano che argini le migliaia di persone che muoiono in mare? Innanzitutto esprimersi. Siamo troppo silenti. Naturalmente molte condivisioni di pensieri, sensazioni, preoccupazioni. Sono state ammesse le molte difficoltà, soprattutto sull’Islam e la sua ontologica impossibilità di negoziare. È stato espresso il bisogno di una presa di posizione piú chiara da parte della chiesa sul territorio. Si è confermato nel gruppo l’intento all’impegno nel piccolissimo di ciascuno e la vitalità per tenere viva la fiammella dell’accoglienza.