La lunga esperienza di Taizé
di Luigi Ghia
Era il 16 agosto del 2005, quando le agenzie batterono la notizia: «Frère Roger di Taizé assassinato». Notizia sconvolgente per chi aveva conosciuto Roger Schutz, amato e considerato un maestro di vita, quell’uomo ormai novantenne, protestante, che nel 1940 dalla Provenza era approdato sulla collina della Borgogna per vivere un’esperienza monastica e per fondare una comunità ecumenica che fosse un mistero di comunione. C’erano oltre 2500 giovani nella chiesa della riconciliazione riuniti per la preghiera dei vespri, quando una donna trentaseienne, Luminita Ruxandra Solcan, rumena, affetta da gravi problemi psichici, ora ricoverata in un ospedale psichiatrico giudiziario in Romania, pugnalò alla schiena e al collo il fondatore della comunità.
Dopo la tragedia
Molti si chiesero con apprensione: «Che ne sarà ora di Taizé?» Una realtà ecumenica non solo stanziale, come l’abbazia benedettina di Chevetogne in Belgio (la stessa che, da sempre impegnata sul piano dell’ecumenismo, appena avuta notizia che papa Giovanni aveva deciso di indire il Concilio ecumenico Vaticano II, modificò immediatamente, addirittura in modo apparentemente iconoclasta, i propri programmi, i progetti di studio e i convegni, per dedicarsi esclusivamente ai temi conciliari), ma itinerante: si pensi all’iniziativa denominata Itinerario di fiducia sulla terra e a quel Concilio dei giovani che ha coinvolto giovani e parrocchie in tutto il mondo.
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- Un cammino di fede
- Senza rottura di comunione