La Parola nell’anno – Epifania del Signore

di Angelo Casati

È una festa di luci, ma anche di ombre questa dell’Epifania, festa dello svelamento del Signore. L’entusiasmo e anche la fantasia si sono sbizzarrite a colorare i magi, li hanno fatti diventare tre, li hanno fatti diventare re, e poi hanno dato colori diversi ai volti, e alla fine hanno dato loro un nome. L’entusiasmo e la fantasia hanno svelato, ma anche in parte velato questo mistero. Il mistero rimane quello del Natale. E l’Epifania è in stretta continuità con quella nascita.
Non è – diciamocelo – che Gerusalemme e dintorni si riempiano di luce per quella nascita. Come se finalmente questo bambino si imponesse. Come se potessimo ora dimenticare la mangiatoia, quasi fosse un episodio del momento, concluso. Non è cosí! Se il racconto, il midrash di Matteo, viene letto cosí com’è, non dà adito a interpretazioni euforiche.
«Dov’è il re dei Giudei che è nato?». È la domanda dei Magi, dentro la città santa. Venivano da un lungo cammino. Non sappiamo da dove. Ma certo da lontano: «Da Oriente», è scritto. Da terre lontane. E che cosa trovano, nella città, la città santa? Forse avevano sognato, immaginato: troveremo aria di festa per le strade, volti accesi dall’entusiasmo, gente che accorre, capiremo dal movimento dove è nato. Niente di tutto questo, tutto è fermo, stagnante. Che cosa trovano? Il gelo dell’indifferenza.
E questo è lo sconcerto; irrompe Dio nella storia, è l’atteso da generazioni e generazioni, chissà che cosa succede. E nessuno che se ne accorge: nato nell’indifferenza generale e la non conoscenza.
Non possiamo, proprio non possiamo, passare veloci e non indugiare su questo mistero, che – lasciatemelo dire – ci riguarda. Questo il mistero: c’è la possibilità, pensate, di non accorgersi, la possibilità del non rendersi conto. E non delle inezie della vita, delle quisquiglie. Non rendersi conto dell’evento in assoluto il piú grande, il piú decisivo della storia.
L’epifania, lo svelamento e l’indifferenza.
È bene che ci lasciamo inquietare da questo mistero, sfuggendo a una trappola che ha funzionato fin troppo in passato e ci è servita per metterci il cuore in pace, la trappola della nostra identificazione con i Magi: Israele ha rifiutato Gesú, noi siamo i Magi che l’accolgono.
No. L’Israele che non si accorge siamo noi: c’è – dice Matteo – questa possibilità di non accorgersi di lui pur avendo le Scritture e la rivelazione, pur conoscendo le Scritture e la rivelazione. C’è dunque la possibilità del non accorgersi proprio all’interno del popolo di Dio: questo dice Matteo. È provocatorio: c’è una ricerca di Dio che talvolta è piú forte al di fuori del popolo di Dio che non all’interno.
Notate, scribi e sacerdoti sanno dare subito una risposta. Dove? A Betlemme di Giudea. Danno un luogo. Andate lí. Sono i possessori della risposta, teologi ferratissimi, ma non si muovono. Dicono, stando fermi, dicono Betlemme. Pensate, da Gerusalemme a Betlemme ci sono sei chilometri, un pezzettino di strada, un niente, un niente se paragonato al lungo cammino dei Magi. E i Magi percorrono da soli quei sei chilometri.
Gli altri? Nessuno di loro si muove. E non è il fatto che non lo sapevano: anche quando lo sanno non gli interessa assolutamente niente.
Vivono in una situazione – e forse è la nostra – in cui tutto ci è dato, ci è consegnato nelle mani e a volte non facciamo nemmeno mezzo metro. Una situazione di non ricerca.
Non si tratta – sembra dirci Matteo – di sapere, si tratta di muoversi. I Magi si mettono in cammino e a loro basta un semplice riferimento del creato: una stella. Si mettono in cammino, anche quando, nelle istituzioni piú sacre, trovano immobilismo, gelo, la ricerca del quieto vivere, l’indifferenza.
Quale segno per noi che abbiamo tutto e non ci muoviamo! Quale segno per noi che possediamo le Scritture e la rivelazione! È un libro – ce lo chiediamo – che ci tiene fermi o è un libro che ci fa camminare? E ci sfiora, a volte, il pensiero che, anche al di fuori dei libri sacri, ci sia qualcuno o qualcosa, una stella che può metterci in cammino, condurre alla soglia del mistero e poi farci ritornare per un’altra strada, e non come se nulla fosse accaduto?