La parola nell’anno – novembre

XXXII domenica del tempo ordinario A
COME COMPRARE L’OLIO (Sapienza 6, 12-16; salmo 62; Matteo 25, 1-13)
di Roberto Magnelli

Come spendere l’esistenza, per non morire nella tristezza come gli altri che non hanno speranza? Si chiede San Paolo nella seconda lettura di questa domenica. Come vivere la propria vita con sapienza? Domanda invece la prima lettura.
Gesú ci risponde con questa parabola delle dieci vergini che – anche se a prima vista sembra avere qualche durezza (come mai le sagge non vogliono condividere il loro olio con le stolte? Perché lo Sposo non le riconosce e chiude loro la sua porta?) – è una delle piú belle metafore sull’esistenza: qui la vita umana viene descritta come un «uscir fuori» «per andare incontro» non alla morte, alla fine o al nulla, ma a una persona: lo Sposo.
Da quando usciamo dal seno di nostra madre, il nostro è tutto un cammino per incontrarci faccia a faccia con il Signore della Vita. Ci spinge, consapevoli o meno, un’infinita nostalgia di Lui, un desiderio come proclamato nel salmo 62:

Dall’aurora ti cerco, o Dio, di te ha sete la mia anima, la mia carne ti desidera come una terra arida, assetata, senz’acqua.

Coniugati o no, siamo tutti vergini, alla ricerca dello sposo: la relazione fondamentale capace di dare significato all’esistenza. Saranno le scelte che facciamo lungo il cammino a qualificarci come saggi, o come stolti.
La nostra carne, fragile come una lucerna di argilla, è il contenitore del dono del Padre: la vita … una luce che brucia, e ha continuamente bisogno dell’olio dell’amore che la alimenti, un combustibile di cui è necessario fare scorta per essere pronti all’incontro, soprattutto quando lo Sposo, l’Amato, sembra tardare.
Non è vero che tarda! È venuto moltissime volte, e non l’abbiamo riconosciuto:

Ero forestiero e non mi hai accolto, affamato e assetato e non mi hai nutrito, nudo e non mi hai vestito, prigioniero e malato e non mi hai visitato (Mt 25).

Il suo tardare è un’astuzia divina, perché ciascuno abbia il tempo di costituire, giorno dopo giorno, la propria provvista di olio dell’amore: piccoli vasi, piccoli gesti quotidiani.
Che lo abbiamo fatto o no, saggi o stolti che siamo stati, viene infatti il momento in cui tutti ci assopiamo e ci addormentiamo: è la morte! Ma proprio quando la nostra giornata è conclusa, la notte piú oscura e impossibile l’alba di un giorno nuovo, un grido di gioia squarcia le tenebre, ci sorprende e ci ridesta: ecco lo sposo: passa l’Amore per invitarci alle nozze, alla festa della vita che non muore: è la Pasqua!
Allora, nel mezzo della notte della morte, quando ci apprestiamo ad andargli incontro ci accorgeremo dell’importanza dell’olio dell’Amore, se ne abbiamo fatto scorta, o se manca. Se abbiamo speso la vita amando, i nostri piccoli vasi saranno pieni. Se abbiamo speso l’esistenza senza amore, nell’indifferenza e nell’egoismo, ci ritroveremo come un coccio arido e vuoto.
E l’olio dell’amore, a quel punto, nessuno ce lo può dare: il tempo per comprarlo è scaduto! Questa vita, e nessun’altra, ci è data per amare: i bisognosi del nostro tempo, gli ultimi, gli affamati e assetati, di acqua o di giustizia, di cibo o di senso, gli ignudi, di vestiti o di dignità umana, i prigionieri di catene o di dipendenze, i malati nel corpo o nello spirito, sono i venditori di olio. Non siamo noi che facciamo la carità al povero, è il povero che fa la carità a noi, e nessuno può amare al nostro posto quando la vita è conclusa! La porta si chiude. Una volta morti non possiamo piú acquistare l’olio dell’amore: i venditori sono irraggiungibili. Vegliate dunque: si tratta di vivere responsabilmente ora: ogni incontro è occasione per riempire i piccoli vasi che siamo con l’amore per i fratelli.

 

XXXIII domenica del tempo ordinario A
VIVERE LO STRAORDINARIO NELL’ORDINARIO (Proverbi 31, 10-13.19, 20. 30-31; salmo 127; 1Tessalonicesi 5, 1-6; Matteo 25, 14-30)
di Enrico Peyretti

Mi pare che il tema di questa domenica sia: lo straordinario è nel quotidiano; il banale contiene la sorpresa, il piú irrompe nell’esistenza. Gesú, sconosciuto ragazzo a Nazareth, era già Dio con noi. Il vangelo dei talenti è feriale, ma contro l’accidia, che toglie respiro e orizzonti al tempo di vita. Anche in politica: la pura gestione dell’esistente conserva le prepotenze istituite sopra gli indifesi. Se siamo risvegliati dal vangelo, vediamo i grandi pericoli, ma anche la possibile evoluzione umana, da coltivare giorno per giorno. «Sentinella, quanto manca all’alba?», chiede il profeta. Dall’attesa della luce sono venuti passi creativi, che abbiamo compiuto nella storia, pur con fatica e contraddizioni. La pace, la giustizia, la fraternità, sono lí, davanti all’umile serio tempo quotidiano, per essere desiderate, cercate, chiamate tra noi.
Ascoltiamo dai Proverbi un elogio della donna ideale. La sua dote è la cura assidua quotidiana della casa, della famiglia. Un altro modello di donna è nel Cantico dei Cantici. La Bibbia è un sapiente manuale di vita, con varie pagine e prospettive. Nella pagina di oggi c’è un’etica del quotidiano, complementare a un’etica dell’utopia, del desiderio e del compimento. Ma è nel modesto procedere quotidiano che si aspira alla pienezza. L’annuncio dello straordinario è nell’ordinario, il veniente è nel presente, la speranza è lungo la fatica dei giorni.
Il salmo 127 canta la beatitudine della famiglia, feconda di discendenza. È il salmo dei nonni (come me), che ammirano la vita che continua senza di loro, vita ricevuta e consegnata. Anche qui c’è il lavoro quotidiano, la donna feconda, e i bambini attorno alla tavola, con l’appetito di vivere. Di tutto ciò si loda Dio. Il timore non è paura religiosa, ma senso delle proporzioni: la nostra vita è dentro la grande vita. Poi l’immagine domestica si apre alla città: la prosperità e la pace dipendono dalle virtú quotidiane, dal timore del Signore, amico dell’uomo sulla terra.
Paolo chiede di saper riconoscere i ritmi e imprevisti che il tempo ci offre e ci chiede. «Pace e sicurezza» non è assestamento saggio se non è vigilante. Ci sono compimenti, come i nove mesi della gestazione materna, che vanno riconosciuti. E ci sono imprevisti. Dio non è un ladro, ma può sorprenderti nello stesso modo.
Il quotidiano sia pronto alle novità, alle irruzioni dello Spirito. È bene saperlo, per essere «figli della luce» e dell’alba, che ci libera dall’ignavia rassegnata alle ingiustizie. È l’etica del tempo vigile. Pace e sicurezza, sí, ma pronti al nuovo impegno richiesto, al kairòs.
Ascoltiamo il vangelo del talento dato a tutti: il tempo. La storia ha un senso, e non è da sprecare nel non-senso. Si è osservato che le chiese oggi tacciono su ciò che era fin troppo al centro: i novissimi, le realtà ultime, salvi o dannati, inferno o paradiso. Forse è vero. Si deve ascoltare il vangelo del compimento, non sotto paura di Dio, non come salvataggio individuale, ma come salvezza del tempo dalla violenza, dallo spreco, dal nulla, dalla consegna ai prepotenti e alla morte. La storia umana è chiamata alla umanizzazione piena: dono del Vivente, e lavoro nostro, in gratitudine. Ma oggi è anche minacciata di distruzione nucleare.
Nessuno sa fare tutto, tutti sappiamo fare qualcosa. Traffica i tuoi talenti, fa’ quello che sai fare. La paura di Dio è sterile: è peccato sottrarsi al servizio per non sbagliare. La società privatista, frammentata, cede ai prepotenti attivi dominatori. La parabola dei talenti dice in termini monetari le invenzioni di vita, il pluralismo, l’evoluzione umana. Aristotele teorizzava gli schiavi per natura; gli illuministi non volevano il voto alle donne perché per natura incapaci. Eppure erano intelligenti. Noi ultramoderni siamo ancora schiavi del falso dogma che contro la guerra c’è solo la guerra. Non ti sarà chiesto conto solo dei peccatacci, ma delle omissioni, dei talenti sotterrati e dei dogmi subiti. Non fare nulla di male perché non si fa niente, è male. Il vangelo non è legge che limita, ma annuncio, proposta, lievito nella pasta quotidiana: prima è floscia, poi monta, cuoce, calda e fragrante.