2016 gennaio

Argomento:
RELIGIONE E COMUNICAZIONE

Società dell’informazione e della comunicazione di massa: questa sostanzialmente la nostra attuale configurazione e il tutto inoltre portato alla ennesima potenza dalle reti con l’idea che oramai il villaggio globale è alle porte. Pertanto non piú industriali e forse neanche piú post-moderni. Siamo diventati connessi perpetui: consumatori di informazioni, notizie e dati che vanno dagli eventi piú frivoli e superficiali ai fatti drammatici come il terrorismo, la corruzione dei politici, le alluvioni e altro. Un’informazione priva di gerarchia, dove futilità e drammi scorrono alla pari e che sovente sembra quasi pilotata a trasmettere condanne o sensi di colpa.

Allora succede che anche la religione diventa l’oggetto con cui catturare l’attenzione di moltitudini alla pari di qualunque altro evento di portata mediatica. Grande spazio televisivo al Papa, ma allo stesso modo agli scandali in Vaticano: la religione cristiana diventa oggetto di comunicazione e a alzare l’audience spesso sono proprio gli aspetti piú superficiali. La macchina della comunicazione di massa utilizza tutto e tutti pur di dare origine a delle notizie che appagano la curiosità piú che la riflessione, che informano, ma non formano e non lasciano tempo per rielaborare criticamente nulla perché l’informazione successiva cancella e annulla quella precedente e cosí via, senza sosta.

Questo impianto è comunque già noto e non scopriamo niente di nuovo: tuttavia, per esempio, rispetto all’evolversi in atto di tematiche quali il nuovo umanesimo e, in ambito cristiano, la conseguente nuova evangelizzazione, resta una certa preoccupazione che possano essere inghiottite da un sistema che le macina come notizie, anche sensazionali, ma da dimenticare il giorno dopo. Non si tratta di fare a meno di sistemi di comunicazione comunque ineliminabili e con uno straordinario valore, ma in qualche modo occorre avviare delle prassi che in alternativa riescano a affrancare dagli tsunami comunicativi per andare oltre. Infatti, questo modo di comunicare illude alla maniera di lasciare intendere che le cose dette siano anche fatte, ma sappiamo bene che non è cosí!

Occorre, allora, inventare nuove prassi che, servendosi dello sterminato accesso alle conoscenze e della velocità della comunicazione, sviluppino delle consapevolezze e comportamenti a queste coerenti, meglio se collettivi e organizzati. In particolare non sentirsi appagati dagli spazi mediatici in cui viene dato risalto ai propri convincimenti o partiti o chiese, ma operare assieme agli altri nella costruzione di opere concrete, tangibili, visibili; alimentare, implementare, animare luoghi di incontro e assieme rielaborare le consapevolezze e le capacità critiche non disgiunte dai sostegni verso chi è meno fortunato.

In fondo è anche un modo per uscire da questo pietoso pseudoindividualismo che permea alcuni tratti della nostra cultura nella quale pur tuttavia sono presenti anche valori di una certa consistenza umana e sociale. Questa visione costruttiva e critica sarà l’area di impegno dei cristiani preoccupati non di costruire una propria cittadella, ma di essere lievito con l’apporto di una spiritualità che guarda oltre l’evidenza; di una passione fondata sulla fiducia che valga sempre la pena provare.