Letteratura e mistero

di Ugo Basso

La storia della chiesa ha conosciuto papi letterati, autori di testi narrativi, poetici e teatrali fra cui Pio II (1405-1454), Leone XIII (1878-1903) Giovanni Paolo II (1978-2005): c’è stato chi ha condannato letture profane o addirittura anticristiane e chi ha trovato in qualunque espressione artistica, specialmente classica, la presenza divina, e molti si sono limitati a dissuadere i preti, soprattutto giovani, a perdere tempo con romanzi, opere di fantasia e non espressamente di argomento religioso.
Nuova sorpresa da Francesco, la lettera Sul ruolo della letteratura nella formazione, pubblicata a sua firma, il 17 luglio 2024: il papa ribalta qualunque esitazione o dubbio nel leggere letteratura, narrativa e poesia non di argomento religioso, considerandola essenziale per costruire una vita culturalmente adulta per ciascuno, e in particolare per i preti, a cui dovrebbe stare a cuore la conoscenza dell’uomo in tutte le sue espressioni, esperienze, emozioni, problemi vissuti con disagio o nella consapevolezza fino a sfiorare il mistero. Un invito alla lettura e anche a un modo diverso di lettura.
Non mi risulta che mai il magistero cattolico si sia espresso su questi temi: si avverte la formazione letteraria del professor Bergoglio che in Argentina insegnava Garcia Lorca ai suoi studenti, fino a quando non riusciva a interessarli al Cid e ai classici. Invito a leggere questo testo: lo si fa in un paio d’ore, senza nessuna difficoltà: ci si trovano nomi conosciuti e rimpianti di non aver avuto buoni insegnanti o di avere sprecato occasioni per imparare. Da anni sto considerando la poesia come strumento di intuizione oltre la superficie fenomenica fino all’intimità profonda, misteriosa dell’uomo. Una sintesi di esperienze con cui possiamo confrontarci, ma impossibili da vivere per una singola persona: diciamo una rivelazione sull’uomo (certo si stampano anche opere commerciali, banali, inutili a cui peraltro Francesco non fa cenno).
Anche all’interno della Bibbia, la narrazione rappresenta un «accesso privilegiato al cuore dell’essere umano» attraverso le sue vicissitudini, i suoi sentimenti, le sue scelte. Si aprono finestre teologiche originali se si considera la Bibbia come raccolta di racconti leggibili in grado di produrre significati diversi in ogni epoca in cui vengono riproposti e da decenni ormai si studia un campo di ricerca definito teologia narrativa.
Discorsi ampi e complessi ai quali la lettera di Francesco rimanda, ora meglio sviluppati ora per accenni. Francesco non concede nessun vantaggio alla letteratura di argomento religioso o apologetico, ma attribuisce al lettore una posizione creativa. Ogni libro non si conclude con la fine della scrittura dell’autore, ma trova nuova e diversa vita nella lettura da parte del lettore attivo che, in qualche modo riscrive l’opera la quale, a sua volta, produce una nuova sintesi originale con ogni lettore che incontra.
L’ignoranza delle opere letterarie condanna alla povertà del linguaggio e nega la possibilità di comprendere la realtà del proprio tempo e quindi, di fatto, a limitare le scelte, anche politiche, oltre che di trasmettere pensieri, desideri, emozioni con le sfumature necessarie. Tante volte si è detto e scritto che le dittature non amano i libri. Eppure, continua Francesco, la lettura deve mantenersi scelta gratuita atto gradevole e «non c’è niente di piú controproducente che leggere qualcosa per obbligo».
E questa affermazione sembra rivolta alla scuola: forse tutti ricordiamo letture imposte e quindi sgradite e di conseguenza ininfluenti, eppure gli stessi testi, fonte di noia per gli adolescenti, trovano apprezzamento in altri momenti della vita: tocca dunque al maestro, e in particolare i preti, trovare linguaggi e tempi per far apprezzare poesie e romanzi e lasciarne il desiderio. Nella formazione, il gusto e il senso sono piú importanti delle informazioni. L’accostamento dei diversi stili letterari e grammaticali – i generi e le forme con cui la letteratura esprime l’umano – permetterà di approfondire la polifonia della creazione, senza ridurla o impoverirla alle esigenze storiche o alle proprie strutture mentali. I diversi stili sono il risultato della tecnica letteraria e della ricerca formale senza le quali la letteratura perde la dimensione metastorica, la capacità di comunicare al di là dell’epoca in cui è stata prodotta.

La letteratura scopre gli abissi che abitano l’uomo e [...] prepara a comprendere e affrontare le varie situazioni che possono presentarsi nella vita. [...] Cosí ci immergiamo nell’esistenza concreta e interiore del fruttivendolo, della prostituta, del bambino che cresce senza i genitori, della donna del muratore, della vecchietta che ancora crede che troverà il suo principe.

Ogni lettore dalle situazioni e dai personaggi si sente sollecitato al

dovere del giudizio non come strumento di dominio, ma come spinta verso un ascolto incessante e come disponibilità a mettersi in gioco

e forse anche molti di noi, da lettori, hanno dato consigli ai personaggi, che in seguito agli stessi lettori sono serviti.

Leggendo le grandi opere della letteratura divento migliaia di uomini e, allo stesso tempo, rimango me stesso. Come il cielo notturno della poesia greca, vedo con una miriade di occhi, ma sono sempre io a vedere. Qui, come nella religione, nell’amore, nell’azione morale e nella conoscenza, supero me stesso, eppure, quando lo faccio, sono piú me stesso che mai.