Nel devozionismo Gesù non c’è

di Mauro Felizietti

 

A distanza di tanti anni dalla stagione del Concilio Vaticano II è piú che mai utile porre qualche riflessione sul cammino della Chiesa che ha varcato la soglia del terzo millennio. Con il Concilio la Chiesa si è aperta al mondo, cercando di ridefinire il proprio ruolo e missione in una realtà in profonda trasformazione. Gli aspetti positivi suscitati dall’assise conciliare sono indubbiamente tanti: il ruolo fondamentale della Parola di Dio, la Chiesa come popolo di Dio, la valorizzazione del laicato, la riforma liturgica, la testimonianza della carità, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso… In questi decenni si è notata la crescita di partecipazione alle vicende ecclesiali da parte di molti cristiani che dimostrano un positivo livello di fede adulta. La Chiesa, in notevole parte dei suoi membri, ha fatto propria la svolta impressa dal Concilio e manifesta di essere al passo con i tempi, cercando di presentare il Vangelo come una proposta di vita che matura le persone anche sotto il profilo umano. Dal Concilio è emersa l’immagine di una Chiesa che vuole farsi compagna nel cammino di tutta l’umanità, come anche la spiritualità di tanti credenti che fanno di Cristo il faro della propria vita.

Accanto a queste luci persistono tuttavia anche preoccupanti ombre. L’analisi della realtà conferma un livello regressivo nella religiosità di tanti cristiani. Per molti degli attuali frequentatori delle chiese l’esperienza conciliare è stata una parentesi, quasi un incidente di percorso; per altri una stagione che ha compromesso il cammino e l’identità di una Chiesa forte, incrollabile e sicura di sé; per i soggetti piú giovani un evento praticamente sconosciuto, anche perché rimosso da parte di chi deve invece tenerne viva la memoria. Si sono trascurate le illuminanti parole di Giovanni XXIII nell’atto di indire il Concilio: «La Chiesa non è un museo da custodire, ma un giardino da coltivare». Per molti è vero invece il contrario. Fatta salva l’interiorità della coscienza, che soltanto il Signore può valutare, non si può non constatare il persistere di molteplici manifestazioni di immaturità religiosa.

 

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