Passione e realismo

di Ugo Basso

Da presidente di sezione elettorale mi sono sempre preoccupato di creare un clima cordiale con i componenti del seggio e i rappresentanti di lista e di essere accogliente con gli elettori, in particolare con gli anziani un po’ incerti – ricordo una coppia che avrebbe voluto esprimere riconoscenza con una mancia al presidente! – e soprattutto con i giovani al primo voto. Qualcuno sicuro, altri esitanti, ma da festeggiare perché alla prima esperienza di democrazia alla prova. Quando la sera del 31 dicembre ho sentito il presidente Mattarella parlare dei ragazzi del 99, 1999, quelli appunto che in marzo voteranno per la prima volta, mi sono ricordato come ai miei tempi – ma io ho dovuto attendere i 21 anni per votare – era una occasione attesa e certamente ben pochi rinunciavano per scelta o per indifferenza a esercitare quel diritto. Oggi disinteresse, ignoranza e delusione inducono molti, giovani e non giovani, non solo a disertare le urne, ma proprio a disinteressarsi della politica, inutile e costosa, occasione di arricchimento per chi ha la fortuna di esserci dentro.
Che cosa potrei dire a un diciottenne improbabile lettore di queste pagine? Che votare fa adulti e responsabili piú delle sigarette e degli spinelli? che è frutto di conquiste di secoli? che il voto condiziona il futuro? Sono considerazioni che toccano i nostri ragazzi che conoscono solo il presente da cui trarre piaceri immediati? Difficile rispondere per una massa che pure conosce passioni e entusiasmi, e in qualche modo si interroga sul futuro, scambiandosi preoccupazioni speranze e domande sui social e magari rinviando scelte proprio per l’assenza di progetti praticabili fra cui scegliere e in cui impegnarsi o accantonando inquietudini che toglierebbero voglia di godersi l’attimo.
Alla vigilia di un’elezione importante, rispetto e fiducia inducono comunque a dire qualcosa a quelli fra i giovanissimi, e certo ce ne sono, che ancora amano coinvolgersi e scommettere. Che cosa chiedere a chi chiede voti? Intanto guardare i programmi: costa un po’ e sono per lo piú chiacchiere, ma perfino le chiacchiere si possono fare con toni diversi e dall’azione passata dei candidati si può capire la credibilità dei personaggi. Dunque cominciare a distinguere chi fa slogan, chi utilizza i meccanismi pubblicitari con cui si vendono automobili e detersivi e chi almeno accenna a percorsi, progetti accompagnati da ipotesi di fattibilità, in primo luogo dove si reperiscono i soldi e a che cosa vengono sottratti.
Diminuire le imposte è promessa allettante, ma non sarebbe piú giusta una equa distribuzione e una riduzione dell’evasione? Ci sono partiti che, di fatto, assicurano l’impunità all’evasione, o sbandierano riduzioni per tutti, aliquote uniche, ingiuste e incostituzionali, che comunque non saranno mai realizzate. E ripensare all’equilibrio fra l’imposizione diretta e quella indiretta? Con la prima ciascuno paga in proporzione al reddito, con la seconda tutti pagano, magari senza accorgersene, le stesse cifre.
Amministrare e governare è arte difficilissima che non può essere affidata a chi, anche molto giustamente, denuncia la corruzione e l’incapacità altrui, ma non ha competenze e cultura e, magari esibendo la giovane età, assicura che imparerà. Non mi rivolgerei a un medico che denuncia la vecchia medicina, la corruzione avida delle case farmaceutiche, le connivenze degli organismi di controllo e mi chiede sorridente di affidargli la mia salute, promettendo di essere seriamente intenzionato a imparare a fare il medico. Quando sarò certo che abbia ben imparato, ne riparleremo.
La complessità obiettiva dei problemi e la presenza condizionante di poteri finanziari internazionali a cui si aggiungono i mortificanti giochi di strategia, di tattica, di alleanze, di veti incrociati con linguaggi per iniziati allontanano dalla politica che dovrebbe occuparsi con linguaggi trasparenti di risolvere insieme i problemi della gente, di un popolo abituato a pensare e a sapere quello che vuole, non solo negli acquisti. Senza ignorare tutto questo, ritengo che non sia giustificazione all’allontanamento dalle prospettive, dalle speranze, non possa imporre rinuncia a pensare: si denuncia da tempo la caduta delle ideologie, occorre badare che non abbia travolto anche le idee.
Vorrei votare un partito, una lista, un singolo candidato che ponga al primo posto di un programma elettorale credibile il recupero della costituzione: e quanto ciascuno ci crede lo dimostra con quello che ha fatto e sostenuto in passato. Leggere la costituzione è piú noioso che andare in discoteca, ma ci sta l’uno e l’altro e forse stupisce scoprire che nella costituzione è scritto che la solidarietà è un dovere (art 2), che il lavoro è un diritto (art 4), che l’ambiente deve essere tutelato (art 9), che l’Italia ripudia (capito?) la guerra (art 11) – e invece oggi spendiamo 64 milioni al giorno per gli armamenti – e che i diritti, insieme all’osservanza delle regole, devono essere per tutti: se oggi non sono per tutti, domani potrebbero non essere nemmeno per te. Diritti anche di cittadinanza per i cittadini che, nati da genitori stranieri, in Italia vivono, studiano e lavorano. E aggiungerei una visione di prospettiva internazionale, a partire dall’Europa, in superamento dei cosiddetti sovranismi, portatori di ostilità e di violenza, che avremmo pensato superati dalla storia.
Forse l’improbabile giovane lettore (si può certamente leggere e orientarsi in politica altrove e senza carta!) si è un po’ appassionato, ma obietta, giustamente desolato, che non ci sono partiti che fanno questi discorsi. Lo so bene e fatico a pensare anche per me a che cosa scegliere: dico che intendo votare, che dovrò ancora una volta scegliere il meno peggio, e che di sicuro non voglio perdere entusiasmi e ideali. Il verbo accontentarsi non è davvero giovanile e il rischio di spegnere la passione è forte: posso ricordare però che anche la pazienza, che non piace ai giovani, è uno strumento importante per realizzare i sogni. Da non perdere, da coltivare, senza svenderli. Quello che non si può oggi, si potrà forse domani con la determinazione, la fantasia, lo studio.
Non posso edulcorare lo scenario fra chi, appunto, promette un nuovo di cui non assicura competenze né contenuti; e chi è responsabile della situazione del paese, in cui davvero, forse, qualcosa si sta recuperando dopo la grande crisi degli anni scorsi, ma manca una visione: non basta tamponare le emergenze per poi, se va bene, tornare a fare come prima. È innegabile la delusione anche per i partiti a cui avevamo affidato la speranza di costruire una società dove la libertà fosse sostenuta dalle regole, la sicurezza dalla fiducia, l’economia dalla convinzione che il pubblico deve precedere il privato e l’interesse individuale non essere mai a danno di altri, italiani o non italiani. Qui sotto Carlo Ferraris analizza le cause della decadenza di un partito che, nato dalla fusione di movimenti cristiani e marxisti, aveva creato aspettative per un’Italia piú convincente. Credo che per questa speranza ci sia ancora spazio: ma non è mai possibile costruire senza valutare con realismo la situazione. Naturalmente non so dire se e quando si potranno vedere novità positive significative, non ho certezze neppure che ci si riesca senza tragedie epocali: so che bisogna resistere e provarci, il piú possibile insieme.
Ai giovani piacciono rischio e scommesse e mi auguro sappiano scegliere per chi votare. Ma soprattutto che mantengano la barra del timone puntata sui principi a sostegno di ogni scelta: la realtà si può trasformare e un corpo esangue rianimare.