Perché ancora oggi

di Carlo Pagetti

Alla fine del 2019 è caduto il quindicesimo anniversario dello tsunami che ha devastato le coste dell’Indonesia, dello Sri Lanka e della Thailandia. Ho chiesto a un conoscente, di solito ben informato, quanti fossero stati i morti. Mi ha risposto: «Alcune migliaia». In realtà oggi i calcoli parlano di circa 250.000 vittime, piú o meno quante morirono immediatamente o in seguito alle conseguenze a Hiroshima il 6 agosto 1945 a causa dell’esplosione nucleare, e un po’ di piú di coloro che furono uccisi nel campo di sterminio di Sobibòr, nella Polonia occupata dai nazisti.

La macabra contabilità dello sterminio

Recentemente un commentatore televisivo, presentando il film Sobibor. La grande fuga, diretto da Konstantin Khabensky (2018), ha sottolineato che durante il funzionamento del campo di Sobibòr, operativo dal marzo 1943, morí un ebreo al minuto. Quella dei morti è una contabilità macabra, che in alcuni casi rivela un atteggiamento morboso. E tuttavia non si può dimenticare che, nel giro di circa due anni e mezzo, corrispondenti all’ultima fase della seconda guerra mondiale, furono cancellati dalla faccia della terra circa sei milioni di ebrei, tra cui circa un milione di bambini: ognuno, ognuna, di loro aveva un volto, una identità, una storia familiare, una lingua, una cultura, i piú giovani le aspettative e le promesse di una lunga vita, i piú anziani tutti i ricordi di una esistenza a lungo vissuta.
Commemorare la Shoah (una parola che sembra piú corretta di Olocausto, termine che nel linguaggio religioso ha un valore positivo di offerta a Dio), al di fuori della retorica e delle banalità, vuol dire continuare ad approfondire un fenomeno storico cosí vasto e devastante da aver cambiato il corso degli eventi storici, la nostra valutazione del termine modernità, la nostra stessa comprensione della natura umana e, in ambito teologico, è stato necessario ripensare il concetto di onnipotenza di un dio buono. Un’intera cultura, con la lingua attraverso cui si esprimeva nell’Europa dell’Est, lo yiddish, venne annientata.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Silenzi e reticenze dopo la fine della guerra
  • Campi di concentramento e campi di sterminio
  • Il viaggio verso il Binario 21