Popolo, populismo, sovranismo

di Carlo M. Ferraris

Nell’art 1 della Costituzione leggiamo che la sovranità appartiene al popolo. È un principio universalmente conosciuto e riconosciuto, però nei discorsi politici non sempre i riferimenti al popolo hanno la stessa portata, sia come ambito di comprensione, sia come ricognizione della sovranità.

La parola popolo nella Costituzione

Dal punto di vista linguistico, alla parola popolo possono essere attribuiti significati differenti:
1. i cittadini appartenenti a uno stato;
2. una collettività etnicamente omogenea, indipendentemente dall’appartenenza a un determinato territorio o stato (es. il popolo ebraico, il popolo curdo…);
3. la comunità degli appartenenti a un ambito territoriale circoscritto (città, zona geografica, parrocchia…);
4. un insieme di persone accomunate da uno o piú elementi, professioni, gusti, abitudini, anche ideologici o religiosi (il popolo della partita IVA, il popolo della notte; ma anche il popolo liberale o cristiano…).
Non c’è dubbio che la portata della parola popolo nell’art 1 sia riferibile al primo dei significati, con le precisazioni che in seguito dovranno essere fatte.
Nella prima parte della Costituzione (articoli 1-54), dopo l’art 1, non ricorre piú la parola popolo, a significare che i principi fondamentali trascendono il riferimento a un singolo ambito di appartenenza, sia pure quello della nazione, e hanno un orizzonte che coincide con l’intera umanità nella sua vita e dignità. Peraltro la Costituzione italiana, pur vigente da un anno al momento della loro proclamazione (10 dicembre 1948) nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite a tutela dell’intera umanità, ne accoglie completamente lo spirito.
In questa parte della Carta italiana ricorrono sette volte le parole tutti e nessuno; una la parola individuo; una uomo; una personale; dodici la parola cittadini. Dal contesto possiamo dedurre che il riconoscimento di diritti e doveri è riferito in generale alla persona, qualsiasi sia la sua appartenenza, mentre in alcuni casi l’attribuzione di diritti e doveri riguarda specificamente il cittadino o i cittadini, da identificare negli appartenenti alla Repubblica.
È interessante quanto si legge nell’art 50: «La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica »: se ne può dedurre che sono considerati cittadini gli appartenenti alla Repubblica, anche se residenti all’estero, ma non gli italiani che appartengono a un altro stato (per esempio gli italiani del Canton Ticino in Svizzera). Principio costituzionale che nei mesi scorsi il governo austriaco intendeva superare concedendo la cittadinanza ai sud-tirolesi.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • L’esercizio della sovranità
  • Volontà popolare
  • Volontà e tendenza
  • Populismo e sovranismo
  • Oltre una politica populista e sovranista