Profondamente soli

di Manuela Poggiato

L’editoriale del Gallo di maggio mi è risultato particolarmente caro. Inizia con le parole che Francesco ha pronunciato venerdí 27 marzo in una piazza san Pietro deserta e piovosa. Io me le sono perse: lavoravo, come al solito da tre mesi a questa parte.
La tempesta di questo momento smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità… Ci siamo lasciati… frastornare dalla fretta… Non abbiamo ascoltato il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente ammalato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.
Rimanere sempre sani. Ora che i positivi al coronavirus ricoverati si contano sulle dita di una mano, ora che tanti ospedali, il mio compreso, trasformati completamente per tre lunghi mesi in COVID positivi vengono sanificati per tornare a curare i malati di sempre, ora i sanitari crollano. Ora. Ora che hanno finito di vedere morti su morti, di scegliere a chi dedicare i posti in rianimazione, che hanno smesso di bardarsi da capo a piedi, ora crollano. Gli eroi, che eroi che non sono mai stati, sono diventati i malati. Capita soprattutto a coloro, infermieri in prevalenza, ma anche medici, che sono stati spostati dai reparti in cui spesso lavoravano da anni, per coprire i turni, i tanti turni festivi, feriali, diurni, notturni, in altri reparti riservati ai positivi. Molti di loro, me lo hanno raccontato e lo vivo sulla mia pelle, si sono trovati spaesati, costretti a imparare in fretta cose che non conoscevano, pratiche mai fatte prima, difficili, da cui dipendeva piú del solito la vita delle persone. Ma lo hanno fatto con professionalità, coraggio e forza, sempre.
Adesso crollano. Accade come con un famigliare terminale: mentre è vivo si è attivi, si fa tutto, tutto perché ce la faccia, non soffra, viva. Quando muore si è svuotati, perduto l’affetto, perduto il ruolo, il senso. Ho sentito di infermieri che sognano la notte i visi dei malati per cui hanno potuto fare poco o nulla; conosco medici che non riescono ad allontanare dalla loro mente i fasci di cartelle dei tanti morti di cui hanno dovuto constatare il decesso in una notte sola. Parafrasando la frase di Alex Zanotelli riportata nell’editoriale del Gallo: «i morti non vi lasceranno dormire». Persone che non hanno vissuto per tre mesi se non di lavoro, ora, rientrate al consueto posto, si sentono inutili: non capite perché chi non ha provato non può, no, non può proprio capire. Infermieri che non sono stati neppure ringraziati per quanto hanno fatto. Sono stati assenti per tre mesi, sono rientrati come non fosse accaduto nulla.
Ecco questi sono quelli che sono stati chiamati eroi e che ora, come tutti gli eroi che si rispettino, ora, ora che il tempo sta passando e tutto pare tornato alla normalità, sono profondamente soli.