Ripensare il sindacato

di Giovanni A. Zollo

Oggi le persone, i cittadini, le lavoratrici, i lavoratori, le donne, i giovani e i pensionati vivono un grande momento di incertezza: si chiedono come sarà il futuro anche prossimo, se potranno essere superate le difficoltà del momento, sovente difficili anche da interpretare.
L’attenzione di questi soggetti non può prescindere dall’essere rivolta anche, e in modo speciale, verso i sindacati sia per i valori e i principi da questi storicamente testimoniati, sia dall’alto grado di rappresentanza che essi comunque mantengono nel tessuto sociale.
L’eccessiva, e a volte pretestuosa, conflittualità delle forze politiche rende complicata anche l’azione sindacale specie se questa, oltre alle necessarie azioni rivendicative, si lancia in un ruolo progettuale e propositivo che vede nelle istituzioni una controparte con cui confrontarsi anche in materia di welfare.

La necessità del consenso sociale

Un esempio sono gli interventi del piano Nazionale di Ripresa e Resilienza attraverso l’impiego di fondi europei e la Next Generation EU che necessitano di un ampio consenso sociale, consenso che non può prescindere dal soggetto collettivo maggiormente rappresentativo: il sindacato appunto. In pratica, ciò deve essere inteso come confronto costruttivo tra il governo e le parti sociali: per esempio, le politiche fiscali sono di competenza della politica e quindi dell’esecutivo, ma con inevitabili ricadute sul lavoro e sulle imprese che motivano l’esigenza di una trattativa. Tra le attualità delle azioni sindacali, infatti, si sta configurando un progetto che concretamente miri a un patto tra le parti sociali e il governo finalizzato alle riforme del lavoro, fisco, pensioni, pubblica amministrazione con una grande attenzione alla transizione ecologica e alle nuove professioni e competenze tecniche e intellettuali che a questa dovranno connettersi. In particolare, per le lavoratrici e lavoratori dell’intelligenza dovranno prodursi nuovi quadri normativi. Oramai non è piú all’orizzonte, ma è quasi immanente la necessità di avviare un nuovo assetto culturale, una riconsiderazione antropologica che riveda radicalmente la civiltà europea occidentale, le dinamiche sociologiche, i giovani con progetti di vita deboli e in continua rielaborazione.
Occorre pertanto una nuova classe dirigente oggi inesistente, una classe dirigente non autoreferenziale che sappia prima di tutto comprendere appieno le trasformazioni in atto e che si metta all’altezza delle sfide da affrontare nei nuovi ambiti dell’intelligenza artificiale, della robotica, dei cambiamenti climatici, tenendo conto delle nuove relazioni internazionali con le grandi potenze emergenti come Cina e India e, oggi drammaticamente, anche della pandemia, che potrebbe non essere l’ultima.
Tutto questo investe, e non potrebbe essere diversamente, anche l’azione sindacale che sull’onda del neo-liberismo deve poter trovare iniziative non passatiste, non regressive, ma senza rinunciare alla tutela di chi lavora e produce la ricchezza reale per tutti. Naturalmente ci sono anche altri fattori importanti che debbono essere tenuti in considerazione quando si vogliono affrontare tematiche di ampio respiro.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Tenere conto dell’Europa
  • Il problema dell’invecchiamento
  • Ripensare il patto tra capitale e lavoro
  • Autonomia e competenze